«L’amore non basta, né tanto meno i servizi sociali che seguono il “cammino” di una persona con disabilità quando il carico di assistenza si fa insostenibile per un familiare già vulnerabile – scrive Vincenzo Falabella, riflettendo sulla tragica vicenda che ha visto in Sicilia una donna uccidere la figlia con disabilità e poi togliersi la vita -. Servono sostegni importanti, a cominciare da un percorso costruito nel tempo: un progetto di vita che garantisca a una persona un futuro nonostante la condizione di disabilità»
La vicenda tragicamente estrema di Corleone (Palermo), ove una donna ha ucciso la figlia con disabilità e si è poi tolta la vita, richiama l’attenzione su un tema riguardante molte famiglie che vivono la condizione di disabilità. Nel caso specifico credo che la mamma si sia trovata di fronte ad un bivio: ha avuto timore che dopo la perdita del marito, da sola non ce l’avrebbe fatta a garantire una vita dignitosa alla propria figlia.
Ma l’amore non basta, né tanto meno i servizi sociali che seguono il “cammino” di una persona con disabilità quando il carico di assistenza si fa insostenibile per un familiare già vulnerabile. Nell’àmbito della disabilità sono necessari sostegni importanti, a cominciare da un percorso costruito nel tempo: un progetto di vita che garantisca a una persona un futuro nonostante la condizione di disabilità.
In Italia le persone che hanno una condizione di disabilità sono, secondo i dati ISTAT, circa 13 milioni, mentre sono circa 7 milioni i caregiver familiari. Nel corso di questi ultimi anni abbiamo lavorato insieme al Ministero per la Disabilità su una Proposta di Legge riguardante appunto i caregiver: dovrebbe arrivare in Consiglio dei Ministri nel nuovo anno e la svolta è attesa a partire dal 2027.
Più in generale, però, bisogna ribadire una volta di più che il nostro sistema welfare non funziona, perché non può continuare ad essere soltanto un welfare protettivo e risarcitorio. Occorre infatti un welfare che possa garantire dignità e opportunità alle persone con disabilità, che riconosca la persona prima ancora che la condizione di disabilità. Non sono sufficienti percorsi standardizzati dei servizi sociali, serve essenzialmente un progetto di vita per la persona con disabilità.
Il Decreto Legislativo 62/24 (Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato), che entrerà in vigore nel 2027, sarà certamente necessario, ma i territori dovranno essere capaci di costruire politiche di intervento che vadano nella direzione di garantire dignità e pari opportunità. E soprattutto di garantire alla persona con disabilità di poter avere un’aspettativa anche dopo la vita dei genitori. In poche parole, il “Dopo di Noi”.
*Presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie).

