Previsto dalla legge nazionale, ma nei fatti assente in molte regioni: l’assistente personale, figura chiave per il progetto di vita, entra a pieno titolo nella normativa lombarda, grazie alla delibera regionale 5416. Giovanni Merlo, direttore della Lega per i diritti delle persone con disabilità - Ledha: «La specificità della normativa lombarda è che l'accesso all'assistente non è vincolato alla gravità o la tipologia di compromissione, ma al progetto di vita»
La legge è uguale per tutti, la sua applicazione invece no: la vita indipendente, diritto riconosciuto alle persone con disabilità da quasi 20 anni (Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, articolo 19), è una possibilità reale in alcune regioni, un’utopia in altre.
Ora la Lombardia si unisce alla lista (ancora scarna) di quelle che riconoscono a pieno questo diritto e lo supportano con strumenti e risorse: la delibera regionale 5416, appena approvata, rappresenta infatti un passo in avanti decisivo nell’applicazione della legge regionale 25/2022. Essa definisce il quadro di riferimento necessario per consentire alle persone con disabilità di scegliere il proprio assistente personale autogestito, per poter attuare quanto indicato dal loro Progetto di vita.
La delibera è un atto previsto dalla stessa legge regionale, nata su impulso di Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità) e dell’intera rete associativa. Come si legge nella norma «il diritto alla vita indipendente è trasversale alle politiche regionali, intersecando quelle di carattere sociale e socioassistenziale, sociosanitario, sanitario, quelle di supporto all’inclusione scolastica e lavorativa, quelle relative all’accessibilità, alla mobilità e alla piena partecipazione alla vita sociale e politica».
L’assistente personale viene definito nella delibera come «una persona scelta direttamente dalla persona con disabilità, incaricata di fornire nelle attività quotidiane, con l’obiettivo di favorire l’autonomia e l’inclusione, nonché la gestione del proprio progetto di vita».
Ora, l’auspicio di Ledha è che «le risorse già stanziate siano messe rapidamente messe a disposizione dei Comuni e degli Ambiti territoriali sociali e che possano essere poi incrementate in base alle richieste che arriveranno». Ledha ritiene «necessario che l’applicazione di questa delibera venga accompagnata da un’adeguata attività di informazione alle persone con disabilità e ai loro familiari così come ad una altrettanto adeguata attività di ricerca e sostegno alle persone che già svolgono o che siano interessate a svolgere la professione dell’assistente personale. Si tratta ovviamente di un punto di partenza su cui continuare a lavorare per fare in modo il diritto all’autodeterminazione della persona con disabilità sia effettivamente riconosciuto, anche attraverso la autogestione del proprio assistente personale, evitando il rischio di utilizzo improprio di queste risorse e valorizzando, al contrario questa importante opportunità», commenta ancora l’associazione.
In questo modo, il suo ruolo va ben oltre l’assistenza domiciliare, per essere definito come sostegno per la vita della persona con disabilità in tutte le situazioni e gli ambienti in cui possa essere necessario. Nel contesto del Progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato (previsto sia dalla normativa regionale sia da quella nazionale) «è un lavoratore preposto a liberare tutte quelle potenzialità e a svolgere tutte quelle azioni che la persona con disabilità non potrebbe compiere da sola, nonostante gli strumenti e ausili tecnologici già disponibili».
La delibera stanzia complessivamente 1,5 milioni di euro: di questi, 640mila euro sono destinati a consolidare i Centri per la Vita Indipendente attivati, e 860mila sono assegnati agli Ambiti territoriali per finanziare progetti di vita indipendente che prevedono assistenza personale.
L’assistente personale autogestito: cos’è e come funziona
Ma chi è e cosa fa l’assistente personale autogestito? Si tratta di una figura essenziale e indispensabile per la realizzazione di quel diritto a un progetto di vita indipendente, personalizzato e partecipato previsto dalla legge nazionale e internazionale.
L’attuazione concreta di questo diritto spetta però a Regioni e Comuni: come sempre, c’è chi è più efficiente e chi lo è molto meno. Il risultato è, come spesso accade, una geografia dei diritti profondamente diseguale: in alcune zone l’assistenza autogestita è un diritto esigibile, in altre è affidata un bando, in altre ancora semplicemente non c’è.
Come funziona? Innanzitutto, una premessa: l’assistente personale, di solito (la Lombardia, come vedremo, si comporta diversamente) non è previsto per tutte le persone con disabilità, ma per persone con disabilità grave (tecnicamente, art. 3 comma 3 legge 104, oppure invalidità civile di almeno il 74%, oppure riconoscimento di disabilità grave complessa), che abbiano più di 18 anni, siano in grado di compiere scelte e vogliano conquistare il maggior grado possibile di autonomia.
L’accesso e il livello di contributo sono valutati da équipe multidisciplinari e si inseriscono nel progetto di vita individuale. A questo punto, vengono definiti un progetto scritto e il budget mensile, che oscilla tra i 600 e i 2mila euro. Il termine “autogestito” sta ad indicare che quel budget sarà speso dalla persona con disabilità per scegliere e assumere direttamente e autonomamente l’assistente, per poi definirne orari e mansioni a seconda del proprio progetto di vita.
La Lombardia fa un passo avanti
La Lombardia non è la prima regione a riconoscere pienamente questa figura e a destinarle risorse specifiche. Toscana e Trentino, per esempio, hanno già normative e risorse dedicate a questo, mentre altre regioni hanno intrapreso percorsi virtuosi in questa direzione, attraverso norme e servizi che prendono, in alcuni casi, denominazioni diverse.
La Lombardia però, prima con la sua legge regionale e ora con la delibera che la rende operativa, presenta delle importanti specificità. Ce lo fa notare il direttore di Ledha, Giovanni Merlo: «La nostra non è stata la prima regione a darsi una legge sulla vita indipendente, ma questo le ha permesso di elaborare un testo adeguato ai tempi e con delle sue specificità anche rispetto alle altre regioni». Tra queste, ce n’è una particolarmente importante: «Sia le legge che la delibera non vincolano questa figura alla gravità, né alla tipologia della disabilità. Destinatarie di quanto previsto sono tutte le persone con disabilità, a prescindere anche dalla tipologia di compromissione. E questa è una grande conquista: se il diritto alla vita indipendente è per tutte le persone con disabilità, come prevede la Convenzione Onu, allora anche l’assistente personale per per tutti, se serve al progetto di vita. La discriminante, insomma, non è la gravità o la tipologia della disabilità, ma il progetto. Il tasto dolente della norma è invece indubbiamente quello economico: le risorse sono pochissime rispetto al bisogno, parliamo di una goccia nel mare. Ma è vero che, quando finiranno, bisognerà metterne altre», conclude.

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