Un contributo di Andrea Rota - Assistente sociale dell’ASC (Azienda Speciale Consortile) Risorsa Sociale Gera d’Adda di Treviglio (BG)
Gli attuali processi di riforma stanno sollecitando molto i territori ad organizzarsi e prepararsi al cambiamento. Su cosa stanno lavorando i territori? Quali sono gli aspetti di maggiore difficoltà, resistenza e quali quelli di facilitazione al cambiamento?
Il Progetto di Vita non è solo un termine tecnico o l’ennesima procedura burocratica: è il fulcro di un cambiamento radicale nel welfare per le persone con disabilità. Per troppo tempo, l’azione dei servizi si è concentrata esclusivamente sulla risposta al bisogno immediato, rispecchiando una logica di mera “riparazione della mancanza”. Oggi, il quadro normativo nazionale e regionale spinge a un cambio di prospettiva, spostando il baricentro dall’analisi del bisogno all’esplorazione delle aspettative e dei desideri del beneficiario.
La vera innovazione sta nel chiedere: “cosa desideri per la tua vita?” invece di “di cosa hai bisogno?”. Questa semplice ma potente domanda apre la strada alla costruzione di un percorso non più fondato sul deficit, ma sulla realizzazione di un potenziale. L’obiettivo è supportare la persona a diventare l’autore del proprio futuro, in una visione esistenziale unitaria.
Il nuovo quadro normativo: Lr 25/2022 e Decreto 62/2024
Questo mutamento di paradigma è sostenuto da due importanti pilastri normativi. A livello regionale, la Legge Regionale 6 dicembre 2022, n. 25 (Lr 25/2022) si pone l’obiettivo di riconoscere il diritto alla vita indipendente e all’inclusione sociale, promuovendo la piena partecipazione delle persone con disabilità[1]. La legge definisce il “progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato” come lo strumento per garantire questa inclusione, favorendo anche la formazione di legami affettivi.
Il Decreto Legislativo 3 maggio 2024, n. 62 (Decreto 62/2024) armonizza questa visione a livello nazionale[2]. Il decreto definisce esplicitamente il “progetto di vita” come un progetto che, partendo dai desideri e dalle aspettative della persona, individua i sostegni necessari per migliorare la qualità della vita, sviluppare le sue potenzialità e permetterle di scegliere i propri contesti di vita.
Il Decreto introduce, inoltre, concetti chiave come la “valutazione multidimensionale” e il “budget di progetto”, insieme delle risorse umane, professionali, tecnologiche ed economiche destinate alla sua attuazione.
Valutazione multidimensionale: come si traduce nel lavoro quotidiano? Un esempio
Come si traduce concretamente questo approccio nel nostro lavoro quotidiano? Attraverso due pilastri fondamentali: il lavoro di rete e l’equipe multiprofessionale, strumenti che ci consentono di andare oltre la singola lettura del bisogno e di abbracciare la complessità delle aspettative individuali. Il lavoro di rete diventa essenziale per intercettare e valorizzare le diverse risorse del territorio che possono contribuire alla realizzazione delle aspettative del beneficiario. Non ci limitiamo ad attivare servizi assistenziali standardizzati, ma cerchiamo attivamente quelle opportunità che risuonano con i desideri e le aspirazioni della persona, che possono aprirle nuove porte e offrirle contesti di crescita significativi. Parallelamente, l’equipe multiprofessionale gioca un ruolo cruciale nel decifrare e dare forma alle aspettative, spesso inespresse o confuse. Attraverso sguardi professionali complementari, riusciamo a cogliere le sfumature dei desideri, a identificare le potenzialità sottese, a tradurre sogni in obiettivi concreti e raggiungibili. L’équipe diventa un laboratorio di co-costruzione, dove l’aspettativa del beneficiario si intreccia con le competenze dei professionisti per disegnare un percorso realmente personalizzato. Per esempio, nell’equipe di cui faccio parte e che lavora per stendere i progetti della misura Dopo di Noi oppure sui progetti del PNRR, prevede la presenza di più professionisti (Assistenti sociali, Psicologi, Educatori, rappresentanti del Terzo settore, operatori socio-sanitari) e soprattutto la presenza dei familiari e della persona beneficiaria, che diventa l’interlocutrice privilegiata.
Budget di progetto: come governarlo?
Per rendere un progetto di vita concretamente sostenibile, non possiamo prescindere da una riflessione attenta sul budget economico necessario, estendendo questa valutazione a tutti gli attori coinvolti. Realizzare un’aspirazione, trasformare un desiderio in realtà, spesso richiede risorse finanziarie. Ignorare questo aspetto significherebbe costruire castelli in aria, progetti effimeri destinati a scontrarsi con la realtà. La sostenibilità non è solo del beneficiario, ma dell’intero ecosistema che lo supporta.
Il nostro ruolo, in quest’ottica, si arricchisce: non si tratta solo di esplorare desideri, ma anche di valutare la fattibilità economica di tali desideri per tutti, e di accompagnare la persona e la rete nella ricerca di soluzioni concrete. Questo significa aiutare:
Integrare la dimensione economica nel progetto di vita, per tutti gli attori coinvolti, non è una limitazione, ma una condizione di realismo, efficacia e sostenibilità. Significa potenziare l’autonomia della persona, dotandola non solo di un sogno, ma anche degli strumenti per realizzarlo e mantenerlo nel tempo, e al contempo assicurare che gli investimenti pubblici e del Terzo Settore siano mirati, efficienti e generino un impatto duraturo sulla comunità. È un impegno che richiede una conoscenza approfondita delle risorse disponibili, la capacità di tradurre le opportunità burocratiche in possibilità concrete ed una visione strategica condivisa.
Difficoltà e resistenze al cambiamento
Nonostante la chiara direzione normativa, la transizione non è priva di ostacoli. La sfida più grande è superare una cultura decennale basata sulla logica dei servizi e delle risposte standardizzate. Questa resistenza si manifesta su diversi fronti:
Elementi di facilitazione e il ruolo della Regione Lombardia
Oltre alle sfide, esistono anche elementi che possono facilitare questo processo di trasformazione. La stessa architettura legislativa, con il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione e all’accomodamento ragionevole, fornisce una solida base per il cambiamento. L’obbligo di informare la persona con disabilità del suo diritto a richiedere un progetto di vita è un passo fondamentale per responsabilizzare sia l’individuo che il sistema.
In questo contesto, la Regione Lombardia ha un ruolo decisivo da svolgere per sostenere il cambiamento:
In conclusione, il passaggio da un approccio assistenziale a uno che valorizza l’autodeterminazione e i desideri non è solo un obbligo normativo, ma un’opportunità per costruire una società più inclusiva. È un investimento nel potenziale di ogni persona, che richiede coraggio, visione e una solida collaborazione tra tutti gli attori coinvolti.
[1] Per approfondimenti, si segnalano alcuni contributi pubblicati su LombardiaSociale.it:
Mozzanica R., Il diritto alla vita indipendente di tutte le persone con disabilità, 3 marzo 2023
Plebani R., Voglio una vita… di quelle fatte così, 29 maggio 2023
Morelli R., Una persona è una persona tramite altre persone, 23 aprile 2024
[2] Per approfondimenti, si segnalano alcuni contributi pubblicati su LombardiaSociale.it:
Franchini R., Il Progetto di Vita: verso la sperimentazione, 19 giugno 2024
Ghisolfi G., Riforma 62/24: impatti sulla riorganizzazione dei servizi, 23 maggio 2025

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