«Siamo abituati a pensare alla disabilità come a un problema “personale”, un difetto, uno svantaggio di chi la vive – scrive Dario Siciliano -, ma questa è una visione sbagliata, superata e, soprattutto, ingiusta. La disabilità, infatti, non è un problema della persona: è un problema della società ed essere inclusivi non significa “aiutare i più fragili”, ma riconoscere i diritti di tutti, progettando spazi, servizi e opportunità pensati sin dall’inizio per tutte le persone»
Siamo abituati a pensare alla disabilità come a un problema “personale”, un difetto, uno svantaggio di chi la vive. Ma questa è una visione sbagliata, superata e, soprattutto, ingiusta. La disabilità, infatti, non è un problema della persona: è un problema della società.
Lo afferma chiaramente la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata anche dall’Italia [con la Legge 18/09, N.d.R.]. Non è la menomazione fisica, sensoriale o cognitiva a creare disabilità, ma le barriere – fisiche, culturali, comunicative e sociali – che impediscono alle persone di partecipare pienamente alla vita della comunità.
Se io sono in sedia a rotelle e vado in pizzeria con degli amici, ma trovo dei gradini, è l’ambiente che mi “disabilita”. Altrimenti non mi accorgerei nemmeno di muovermi con delle ruote.
Un marciapiede senza scivolo, un sito web non accessibile, una scuola senza sostegni adeguati, un concorso pubblico con barriere digitali: sono solo alcuni esempi di ostacoli che trasformano una condizione in una disabilità. Quando invece la società si organizza per essere inclusiva, la disabilità smette di essere un limite e diventa semplicemente una delle tante diversità umane.
La grande attivista americana Judy Heumann diceva: «La disabilità diventa una tragedia solo quando la società non riesce a fornire le cose di cui abbiamo bisogno per condurre le nostre vite – opportunità di lavoro o edifici senza barriere, per esempio. Non è una tragedia per me il fatto di vivere su una sedia a rotelle». Ed è proprio così.
Essere inclusivi non significa “aiutare i più fragili”, ma riconoscere i diritti di tutti. Significa progettare spazi, servizi e opportunità pensando sin dall’inizio a tutte le persone, non solo a quelle “standard”.
E poi, chi è davvero “standard”? Come ricordava Franco Basaglia, il grande psichiatra che nel 1978 contribuì alla chiusura dei manicomi, «visto da vicino, nessuno è normale».
In Italia è in corso un’importante e imponente riforma della disabilità – che in provincia di Brindisi entrerà in vigore dal 1° gennaio 2027 – e che si ispira proprio a questo approccio. Il principale ostacolo, però, sarà culturale: cambiare la mentalità di tutti, cittadini, operatori professionali e istituzioni. Non sarà facile e richiederà tempo, ma sono certo che ce la faremo.
*Garante per i diritti delle persone con disabilità del Comune di San Vito dei Normanni (Brindisi).

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