Si può “eliminare” il cromosoma in più nella sindrome di Down?,

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Un gruppo di ricercatori giapponesi, tra cui Ryotaro Hashizume e Hiroki Kurahashi, ha pubblicato nel febbraio del 2025 uno studio che sta attirando molta attenzione - anche sui social media – che arrivano a parlare addirittura di una “cura” per la sindrome di Down. La Down Syndrome Task Force, la rete di ricercatrici e ricercatori italiani che da anni lavora per promuovere la ricerca scientifica sulla sindrome di Down e per la divulgazione delle scoperte effettuate, insieme al coordinamento nazionale associazioni delle persone con sindrome di Down (CoorDown) e Associazione Italiana Persone Down (Aipd), danno un quadro completo per fare chiarezza con le corrette informazioni sulle ultime scoperte.

Lo studio giapponese

I ricercatori giapponesi sono riusciti, per la prima volta, a rimuovere una delle tre copie del cromosoma 21 da cellule umane coltivate in laboratorio. Si sa da molti anni che nella sindrome di Down le cellule hanno tre copie (anziché due) del cromosoma 21, e proprio questa copia in più è alla base delle difficoltà cognitive e dei problemi di salute associati alla sindrome, inclusa la frequenza elevata di demenza di tipo Alzheimer. Il risultato è, quindi, molto interessante dal punto di vista della ricerca.

Tuttavia, spiega la Ds Task Force: "Bisogna fare molta attenzione: si tratta di un risultato ottenuto solo in laboratorio, in cellule coltivate in un ambiente controllato. Non è una cura, né qualcosa che si può applicare oggi alle persone”. Per capire perché, bisogna sapere che per ottenere questo risultato è stato necessario usare sofisticate strategie di ingegneria genetica ed introdurre nelle cellule particolari enzimi in grado di tagliare il Dna in punti precisi: una tecnica basata sul "taglia e incolla" del Dna, chiamata Crispr/Cas9. Farlo nel cervello umano sarebbe oggi impossibile perché bisognerebbe, tra l’altro:

- far arrivare nel cervello questi enzimi, ed altre molecole, superando una barriera naturale che lo protegge;

- farli entrare nelle cellule nervose, evitando che la loro attività le danneggi;

- soprattutto garantire che tutto avvenga in modo efficace, sicuro e preciso, senza effetti collaterali.

Siamo ancora molto lontani da queste possibilità.

La ricerca non si ferma

Nel frattempo, però,- aggiungono- la ricerca non si ferma. Nel mese di giugno 2024, durante un importante congresso internazionale tenuto a Roma e organizzato da ricercatori italiani, coordinati dal professor Eugenio Barone, si è discusso anche di queste possibilità future nel corso di un simposio intitolato: La terapia genica è una prospettiva nella sindrome di Down? Tra i partecipanti, anche uno degli autori dello studio giapponese.

Molti laboratori in Italia e nel mondo stanno lavorando all’inattivazione di una copia del cromosoma 21 o anche all’eliminazione di alcune sue porzioni. Ma molti stanno anche percorrendo strade più vicine all’applicazione clinica. In particolare, ci sono oggi diversi farmaci in sperimentazione che potrebbero migliorare le capacità cognitive o rallentare la comparsa della malattia di Alzheimer nelle persone con sindrome di Down. Due di questi farmaci (AEF0217 e Bumetanide) vengono sperimentati anche in Italia.

A questi si aggiungono metodi non farmacologici, come la stimolazione cerebrale con correnti elettriche o magnetiche, che si stanno rivelando promettenti.

Le voci delle associazioni

“La prospettiva che la ricerca scientifica ci dà oggi è molto importante e si capisce con un’immagine semplice: è come se ogni persona con sindrome di Down portasse sulle spalle uno “zainetto” pieno di sassi, che rende molte attività più difficili o più lente. I ricercatori non cercano di “eliminare la sindrome”, ma di togliere sassolini dallo zainetto per rendere più agevole il cammino. Per questo lavoriamo a stretto contatto con la Ds Task Force, per informare le persone con sindrome di Down e le loro famiglie su come può migliorare la qualità della vita e in quali fasi” spiegano Martina Fuga, presidente CoorDown e Gianfranco Salbini, presidente Aipd.

“La speranza, dunque, oggi si fonda soprattutto su queste tante strade già in corso di sperimentazione e sulla passione e l’impegno di tanti gruppi di ricerca, tra cui molti italiani. La maggior parte di questi ultimi è rappresentato nella Ds Task Force, che ogni anno organizza un convegno scientifico e divulgativo con l’obiettivo di rendere accessibile il dibattito tra studiosi ed illustrare le ultime novità. Il prossimo si terrà a Napoli dal 17 al 19 ottobre 2025. Il convegno è gratuito e aperto a tutti: persone con sindrome di Down, familiari, ricercatori, medici, operatori, insegnanti. Un'occasione da non perdere”, dichiara Lucio Nitsch, Professore Emerito dell'Università di Napoli Federico II e Coordinatore della Ds Task Force.

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