Come è noto, la Regione Lombardia, in attuazione della L.r. 25/22[1], sta promuovendo la realizzazione sul territorio di una pluralità di organismi di rete, denominati Centri per la Vita Indipendente (da ora in poi CVI).
Il provvedimento attuativo di questa spinta generativa è la DGR 984/23, che, nelle allegate Linee Guida, detta le modalità attuative per il funzionamento e la gestione dei suddetti Centri.
Pur apprezzando, e anche molto, l’idea di costituire organismi di secondo Welfare, animati dai principi della co-progettazione e della co-programmazione, oltre che composti da una rete sussidiaria di soggetti, con il presente contributo si intendono sottolineare alcune ambiguità del provvedimento, sia rispetto alle finalità che ai ruoli dei diversi attori territoriali.
Cosa progettare?
Partiamo dagli esiti attesi… quale deve essere il contributo specifico dei CVI a sostegno della persona con disabilità (d’ora in poi PcD)? insomma, su quale risultato dovremo in futuro verificare l’efficacia di questi organismi?
Le Linee Guida presentano a questo proposito indicazioni tra loro in parte contrastanti, dichiarando qualche volta il sostegno specifico a progetti abitativi di autonomia e indipendenza, e qualche altra il sostegno ai progetti di vita tout-court. Facciamo qualche esempio:
- al punto 5 (Caratteristiche essenziali del CVI) si afferma: Il Centro per la vita indipendente ha la funzione di contribuire al progetto di vita della persona per quanto concerne tutti gli aspetti necessari alla vita indipendente. Il servizio può essere attivato dalla stessa persona, dal Comune, oppure dall’UVM, nei casi in cui il progetto di vita abbia ad oggetto la valutazione di interventi riguardanti la residenzialità e/o il processo di autonomia dalla propria famiglia, anche in prospettiva evolutiva. Più avanti, al punto 8 (Attività che caratterizzano il CVI), tra gli obiettivi possibili si elenca: sostegno alla progettualità per favorire l’abitare in autonomia, valorizzando i progetti individuali che permettano di attuare soluzioni alloggiative/abitative al di fuori del contesto familiare e favorendo laddove possibili percorsi di deistituzionalizzazione. E di seguito ancora si individua la funzione di sostegno alla progettazione di interventi volti a migliorare l’accessibilità dell’alloggio, del contesto abitativo ed urbano (ad esempio, interventi per l’abbattimento delle barriere, interventi per la domotica.
Leggendo questi passaggi, quello che si comprende è che il CVI non ha come missione quella di co-progettare ogni tipo di obiettivo e situazione esistenziale, ma che esso interviene soltanto laddove il progetto di vita preveda obiettivi di vita indipendente, come ad esempio progetti abitativi di autonomia. In questo scenario, sembra che il CVI sia un organismo di “consulenza”, specializzato nell’individuazione di una gamma specifica di interventi e sostegni diretti ad un aspetto altrettanto specifico della qualità della vita della PcD, ovvero l’indipendenza.
- nella premessa alle Linee Guida, si afferma invece che il campo di azione proprio del CVI consiste nel sostegno alla definizione e implementazione del progetto di vita della persona con disabilità come elemento regolatore e di orientamento di tutti i soggetti coinvolti e di tutte le risorse disponibili. Successivamente, al punto 8 (Attività caratteristiche) si afferma che il CVI collabora con i servizi competenti, con la persona interessata e con la sua famiglia, per la predisposizione, realizzazione, monitoraggio e verifica del progetto di vita della persona, sostenendola nel suo percorso insieme alla sua rete di relazion Più avanti si aggiunge una funzione chiave per l’elaborazione del Progetto di Vita, messa a fuoco molto bene dal Decreto 62/24[2], ovvero il sostegno all’espressione dei desideri, preferenze, obiettivi della persona con disabilità, tenuto conto delle specifiche esigenze legate alle diverse fasi della vita. Insomma, analizzando queste altre affermazioni, sembra che la funzione del CVI si allarghi sino a ricomprendere il Progetto di Vita in generale, partendo dai desideri e dalle preferenze della persona, e coinvolgendo tutti gli attori disponibili.
La vita (la qualità della vita) o la vita indipendente?
E’ possibile che l’ambiguità appena richiamata sia legata ad una confusione già in qualche modo evocata persino dalla convenzione ONU: i sostegni alla PcD devono realizzare la “vita indipendente” o la “qualità della vita”? Le due espressioni possono essere ritenute sovrapponibili, o tra loro c’è una differenza? Nel caso, in cosa consiste questa differenza?
Lo studio dei modelli di Qualità della Vita, richiamati per altro sia dal Decreto 62/24 che dalle Linee Guida sul Progetto di Vita dell’Istituto Superiore di Sanità, conduce ad una considerazione importante: l’Indipendenza non corrisponde alla totalità, ma ad un frammento del più ampio costrutto di Qualità della Vita, che comprende anche il Benessere e la Partecipazione Sociale (o, per usare un altro termine, l’Appartenenza).
Le PcD, dunque, non hanno semplicemente un diritto alla Vita Indipendente, ma esprimono, come tutti, una più ampia gamma di bisogni, riconducibile alla triade Essere, Appartenere, Diventare (Being, Belonging, Becoming). E’ sin troppo evidente che una vita indipendente è meglio che una vita dipendente, ma questa polarità va letta anche alla luce dei bisogni di salute e di relazione, che fanno parte di una più completa “antropologia” dei sostegni. Può anche accadere che una vita “autonoma” sia nei fatti poco opportuna, in quanto lesiva di altri bisogni della PcD, dovendo dunque considerare questa dialettica nel più ampio scenario del Progetto di Vita.
L’impressione, dettata anche da un portato di carattere storico, è che la tradizione dei CVI, partendo dal frammento, sia sfociata oggi in uno scenario più ampio ed ambizioso. Infatti, le prime esperienze lombarde, generate nel 2009 con la sperimentazione dei Centri Territoriali per la Vita Autonoma e Indipendente (CTVAI), hanno condotto alla realizzazione di vere e proprie “Agenzie”, concepite sempre come centri di progettazione per la vita autonoma e indipendente.
Chi progetta la vita?
La seconda ambiguità del provvedimento, in qualche modo conseguente alla prima, riguarda il ruolo del CVI nel rapporto con le istituzioni territoriali. Anche a questo proposito sembra riscontrare due categorie differenti di affermazioni, la prima che sottolinea il ruolo di garanzia e di coordinamento degli Enti Locali (Comuni e ATS), la seconda che eleva il CVI ad un ruolo di accoglienza delle istanze e avvio della funzione di progettazione.
Nel dettaglio:
- la premessa delle Linee Guida, sulla scorta dell’art. 14 della legge 328/2000, quasi subito dichiara che il Comune un ruolo fondamentale di garanzia che la nuova legge regionale conferma. Ancora, al punto 7, dopo aver descritto in modo ambiguo le funzioni del CVI, le Linee Guida si premurano di sottolineare che la responsabilità del procedimento amministrativo del progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato è in capo al Comune di residenza, o altra PA identificata dalla Legge. In questo scenario, il CVI è da intendere come un servizio del Comune, con un ruolo chiaramente ancillare, all’interno dei più ampi processi di co-progettazione e co-programmazione. Questa funzione strumentale viene ribadita al punto 5, dove si chiarisce che il CVI è un servizio complementare e integrativo a sostegno delle competenze dei Servizi Sociali. La dinamica “consulenziale” del CVI rispetto agli Enti Locali sembra rispecchiare il ritaglio del “frammento”, che farebbe entrare in gioco il CVI ogni volta che il Progetto di Vita si rivolte ad obiettivi di vita autonoma, avendo dunque bisogno del supporto specialistico dei CVI;
- più tardi, tuttavia, e precisamente al punto 7 (Modalità di funzionamento), dopo aver esposto le funzioni di carattere frontale (accoglienza, informazione e orientamento), tra le funzioni di back office si indicano le seguenti: risposte e contatti con le persone, prevalutazione, avvio dell’iter valutativo e progettuale, identificazione dei percorsi e attivazione dei servizi/supporti, monitoraggio e valutazione dei percorsi attivati. Queste tre righe, in effetti, coprono ogni fase dell’itinerario che porta al Progetto di Vita, andando potenzialmente a sovrapporsi agli organismi che, per legge, sono incaricati di presidiare i processi di valutazione multidimensionale, redazione, attuazione e verifica del Progetto di Vita. Mentre dunque il progetto di vita indipendente sembra diventare progetto di vita tout-court, il ruolo e la funzione del CVI si allargano notevolmente, al punto tale da richiedere una collocazione strategica (laddove possibile, abbia sede presso le Case di Comunità delle ASST, che rappresentano il luogo privilegiato per l’integrazione sanitaria, sociosanitaria e sociale) e una composizione interna tale da garantire l’integrazione di tutti i soggetti coinvolti (nel Centro lavorano con modalità integrata e in rete sia operatori dell’Ente pubblico… che delle associazioni/ETS). Ancora, il CVI deve assicurare rapporti di rete sia con i servizi territoriali dell’ASST (compresi i DAMA) che con l’Ufficio di Piano.
Tutto quanto descritto viene riassunto incisivamente da un’affermazione chiave, contenuta nella Premessa: è fondamentale delimitare il campo di azione proprio del “Centro”, nel sostegno alla definizione e implementazione del progetto di vita della persona con disabilità come elemento regolatore e di orientamento di tutti i soggetti coinvolti e di tutte le risorse disponibili, con l’ulteriore specificazione che il Centro per la Vita Indipendente non sostituisce ruoli, funzioni e competenze che le norme attribuiscono alle diverse istituzioni coinvolte.
L’intento di “delimitare” il campo d’azione è corretto e opportuno, avvalorato dalla preoccupazione di non sostituire ruoli, funzioni e competenze delle diverse istituzioni coinvolte. Ma nella stessa frase l’oggetto di tale delimitazione è il sostegno alla definizione e implementazione del progetto di vita (…) come elemento regolatore di tutti i soggetti coinvolti. In sostanza, la delimitazione non è chiara, nel momento in cui l’oggetto è “l’intero” e non il frammento della vita indipendente. Certamente il termine “sostegno” è utile ad immaginare la relazione di sistema tra CVI e istituzioni (in ottica di co-progettazione e co-programmazione), ma in seguito, quando si passa a descrivere le attività caratteristiche del CVI, tale azione di sostegno andrebbe declinata meglio, ad evitare che ci siano elementi per avvalorare un funzionamento parallelo ed autonomo, seppure in ottica di rete.
Voci dai territori
Per concludere, sembrano necessari due chiarimenti: il primo, riguarda l’oggetto del CVI…. progetti di vita autonoma o progetti di vita tout-court? Dovesse prevalere quest’ultimo punto di vista, allora diventa ancora più urgente Il secondo chiarimento, riguardante il posizionamento territoriale dei CVI nel rapporto con le istituzioni garanti del Progetto di Vita in ogni sua fase. Quanto in effetti i CVI tendano oppure no a sostituire le funzioni di altre istituzioni, oppure a rimanere ancillari, sarà la concezione e la storia di ogni singolo Centro a dirlo. La debolezza di alcuni territori, dove il Servizio Sociale fatica per tanti motivi a presidiare bene il processo di progettazione, può portare nei fatti ad una specie di “delega implicita”, che finisce per attribuire all’Ente del Terzo Settore che anima il CVI ad assumere una funzione più o meno autonoma di accoglienza e redazione del Progetto di Vita, mentre l’Ente Locale rischia di diventare semplicemente l’ente erogatore di sostegni e prestazioni, creando una relazione dialettica, foriera persino di possibili contrasti.
[1] Per approfondimenti, si segnalano altri contributi pubblicati su LombardiaSociale.it:
Plebani R., Voglio una vita … di quelle fatte così, 29 maggio 2023
Spazio Aperto Servizi, Vita indipendente: prospettive e sfide per servizi e istituzioni, 12 marzo 2024
[2] Per approfondimenti, si segnalano altri contributi pubblicati su LombardiaSociale.it:
Ghisolfi G., Riforma 62/24: impatti sulla riorganizzazione dei servizi, 23 maggio 2025
Merlo G., Disabilità: un progetto (di vita) per tutti, 21 giugno 2024