Come è noto, il modello di welfare sociale per la disabilità lombardo, in nome della libertà di scelta e di “impresa”, ha lasciato un ampio margine di discrezionalità agli enti gestori di definire i costi delle proprie Unità di Offerta, anche in ambito sociosanitario. Una scelta “liberista” che non ha reso necessaria, fino ad oggi, una puntuale attività di ricognizione, raccolta dati e analisi dei costi effettivi delle varie Unità di Offerta. Per questa ragione è difficile sapere oggi quali siano i costi reali, ad esempio, dei CDD per cui ci interroghiamo con questa analisi.

I CDD in Lombardia

Con la sigla CDD si identificano i Centri Diurni per persone con Disabilità. Stiamo parlando della prima Unità di Offerta semiresidenziale per persone con disabilità: prima per nascita (DGR 18334/2004), ma anche per dimensione e diffusione. Nei CDD lombardi troviamo, infatti, 6270 persone con disabilità[1] in 270 diverse strutture[2] , presenti in tutto il territorio regionale. Si tratta di servizi che accolgono, in regime diurno, persone con disabilità con necessità di alto sostegno, in genere di età superiore ai 18 anni. All’interno dei CDD lavorano educatori professionali, ausiliari socio assistenziali, operatori socio sanitari ma anche infermieri, psicologi e altri operatori.

Il principio generale di remunerazione dei CDD viene affermato nella DGR 12620/2003, che in realtà istituisce un’altra “Unità di Offerta” ovvero le RSD[3]. Questa delibera, introduce e spiega come funziona il meccanismo in base collegato alla “Scheda SIDi”. Nella premessa dell’allegato B della DGR, si precisa che la Scheda SIDi è uno strumento che, sulla base di una valutazione del livello di fragilità, definisce 5 classi di remunerazione, e, di conseguenza, anche il personale necessario, in gergo tecnico: lo standard gestionale minimo. La scheda SIDi può essere considerata un metodo di calcolo che classifica la persona in una delle 5 classi di fragilità previste. Per ogni classe è definito quanto personale minimo il centro deve garantire e di conseguenza, per ogni classe è definita la remunerazione.

Nel 2004, anno della loro fondazione, Regione utilizzando la scheda SIDI, ha suddivido in cinque classi anche le persone con disabilità che frequentano i CDD, secondo questa tabella:

Classe Livello di fragilità Minuti di assistenza settimanali medi
1 Alto 1300
2 Medio alto 1100
3 Medio 900
4 Medio basso 750
5 Basso 600

La quota a carico del Fondo Sanitario Regionale

Per ognuna delle 5 classi previste viene quindi definita la remunerazione generale che si è, ovviamente, modificata nel tempo. Le variazioni delle tariffe giornaliere per ospite sono sintetizzate nella tabella seguente:

  Dgr 19874/2004 Dgr 6677/2008 Dgr 399/2010 Dgr 3782/2020 Dgr 5340/2021 Dgr 6991/2022
Classe SIDI 1 55,00 57,00 58,00 59,50 61,70 63,20
Classe SIDI 2 52,00 53,50 54,50 55,90 58,00 59,50
Classe SIDI 3 49,00 50,00 51,00 52,30 54,20 55,60
Classe SIDI 4 46,00 46,50 47,50 48,70 50,50 51,80
Classe SIDI 5 44,00 44,00 45,00 46,10 47,80 49,40

La lettura di questa tabella è molto semplice. Prendiamo in considerazione gli importi disciplinati nella DGR 6991/2022, il provvedimento regionale più recente di aggiornamento delle tariffe che tutt’oggi sono ancora in vigore. Per ogni persona con disabilità che frequenta un CDD inserita in “classe 1”, cioè quella che indica una maggiore fragilità, l’ente gestore riceve 63,2 € per ogni giornata. Stesso discorso vale per tutte le altre classi. È evidente che in ogni centro ci siano persone con disabilità appartenenti, in misura diversa alle differenti diverse classi di fragilità: la determinazione della quantità di personale complessivo, e quindi la remunerazione, è data dalla somma totale delle giornate in base al mix delle classi. Al netto di queste considerazioni, è possibile comunque ipotizzare che il costo medio per persona con disabilità che frequenta il CDD, a carico di Regione Lombardia sia di 55,9 €, che, per comodità di calcolo arrotondiamo a 56 €.

Analizzando le tariffe riportate nella tabella, si rileva che dal 2004 ad oggi (o meglio al 2022) il valore medio è passato da 49,2 € a 56 € al giorno. Secondo le modalità di calcolo dell’ISTAT, un adeguamento di questo contributo in base all’innalzamento del costo vita, avrebbe richiesto un incremento ben maggiore e di fissare la quota media, al dicembre 2024, a circa 72€[4].

Come evidenziato nelle premesse della DGR 12620/2003 il criterio che ha guidato la Regione nella definizione delle tariffe va ravvisato nella necessità di pervenire solo gradualmente al finanziamento, con oneri a carico del Fondo Sanitario Regionale, del 50% del costo delle prestazioni erogate dai servizi sociosanitari residenziali per anziani e del 70% del costo delle prestazioni erogate dai servizi sociosanitari per disabili gravi, come previsto dai DD.P.C.M. 14.2.2001 e 29.11.2001.

I Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria (LEA)

Il DPCM 14.2.2001 Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie in attuazione dell’art. 3 septies d.lgs 502/1992 nel disciplinare tali prestazioni ha, in effetti, stabilito il riparto degli oneri tra sanità e assistenza, ponendo tali oneri, per quanto riguarda le strutture semiresidenziali e residenziali per disabili gravi accreditate sulla base di standard regionali, 70% a carico del SSN e 30% a carico dei Comuni, fatta salva la compartecipazione da parte dell’utente prevista dalla disciplina regionale e comunale.

Tali indicazioni sono quindi confluite nel DPCM 29.11.2001 che ha stabilito i livelli essenziali di assistenza sanitaria, i famosi LEA, confermati, e successivamente aggiornati dal DPCM 12.1.2017 che all’art. 34 nel disciplinare l’assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale alle persone con disabilità al comma 3 prevede che i trattamenti semiresidenziali si articolano nelle seguenti tipologie:
a) trattamenti di riabilitazione estensiva…
b) trattamenti socio-riabilitativi di recupero e mantenimento delle abilità funzionali residue, erogati congiuntamente a prestazioni assistenziali e tutelari di diversa intensità a persone non autosufficienti con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali stabilizzate, anche in laboratori e centri occupazionali.

Nel successivo comma 4 si stabilisce che i trattamenti di cui al comma 3, lettera a) sono a totale carico del Servizio sanitario nazionale. I trattamenti di cui al comma 3, lettera b) sono a carico del Servizio sanitario per una quota pari al 70 per cento della tariffa giornaliera.

Come vengono remunerati i CDD?

I costi dei CDD, analogamente a quello delle altre Unità di Offerta sociosanitarie sono dunque suddivisi in due parti. La cosiddetta “quota sanitaria” o tariffa che è a carico del Fondo Sanitario Regionale e la “quota sociale”, chiamata spesso anche retta che è a carico del Comune di residenza, il quale può chiedere alla persona con disabilità una partecipazione alla spesa del servizio in base alla sua capacità di spesa, misurata in base all’ISEE.

La mancanza di un database pubblico dei costi delle Unità di Offerta, impedisce una verifica sistematica e puntuale di questa informazione.

Consideriamo che Regione Lombardia eroghi un voucher dell’importo medio indicativo di 56 € pro-capite al giorno a copertura dei costi sanitari delle persone con disabilità che frequentano i CDD. Dato che i LEA prevedono che questa quota sia pari al 70% del valore complessivo, si potrebbe ricavare che il costo medio della “retta”, ovvero della quota sociale pari al rimanente 30%, corrisponda mediamente a 25,71 €, che, sempre per comodità di calcolo, arrotondiamo a 26 €. Seguendo questo ragionamento, si potrebbe quindi ipotizzare che il costo complessivo medio giornaliero di una persona inserita in un CDD sia di 82 €, come risultato della somma del costo medio “sanitario” (56 €) con quello della retta sociale (26 €).

Si tratta di un dato che, per chi ha a che fare con una certa frequenza con le richieste di partecipazione alla spesa degli Enti Locali, non sembrano realistico.

Un’indagine sui costi reali dei CDD

Se la misura della tariffa, definita dalla Regione è agevolmente ricavabile dalle varie DGR susseguitesi, più difficile riuscire ad avere contezza dell’entità della quota sociale, che vede significative differenze a livello locale ed anche da struttura a struttura. A fronte della mancanza di questi dati, Anffas Cremona e Ledha hanno realizzato una ricerca significativa, per quanto parziale, utilizzando le Carte dei Servizi che ogni ente gestore di un centro diurno deve pubblicare indicando anche l’importo della quota assistenziale. La ricerca ha esaminato i dati di 130 CDD provenienti da tutte le province lombarde, evidenziando alcuni aspetti rilevanti.

Il primo risultato, che era abbastanza prevedibile, riguarda la disomogeneità dei costi assistenziali tra i diversi centri. Questo indica una notevole variazione nei prezzi dei servizi offerti, che può dipendere da diversi fattori, come la gestione locale, le risorse disponibili, e che crea potenziali situazioni di discriminazione nei confronti delle persone che frequentano tali centri.

La comparazione non è sempre facile, anche perché in alcuni casi il costo della “retta” che viene esposto comprende quello del trasporto ed in altri casi invece tale costo non è incluso[5].

ATS BG BS VPA MI BRI PV MON INS TOTALE
CDD presi in esame 8 20 13 60 5 6 1 15 130
CDD le cui rette comprendono il costo del trasporto 3 7 8 3 0 0 0 5 26

La ricerca ha evidenziato che la quota minima assistenziale richiesta varia significativamente tra i diversi CDD: il valore della retta sociale varia dai 34 € ai 110 € pro-capite al giorno. La quota “assistenziale” media che risulta dalla ricerca è di 60,44 €, sempre pro-capite al giorno. All’interno del sottogruppo degli enti gestori che non inseriscono nella retta il costo del trasporto (104 CDD) il valore più basso è quello di 34 € mentre quello più alto è di 89,11 €. All’interno, invece, del sottogruppo degli enti gestori che, correttamente inseriscono nella retta il costo del trasporto (26 CDD) il costo più basso è pari a 49 € e quello più alto è di 110 €. La retta sociale media giornaliero pro-capite nei CDD che comprendono il trasporto, risulta essere di 69 € (per l’esattezza 68,96 €).

Analizzando i soli dati provenienti dai servizi dislocati nell’ATS Città metropolitana di Milano, riscontriamo come il costo medio complessivo sia pari a 50,43 €: il costo medio delle rette che non comprendono il trasporto è di 49,87 € mentre quelle che includono il trasporto è di 82,65 €.

Bisogna, inoltre, tenere in considerazione che solo 88 di queste Carte dei Servizi sono aggiornate al 2024: 13 risalgono al 2023 mentre altre sono state stilate negli anni precedenti. I dati sopraindicati sono da considerare senz’altro per difetto rispetto a quello reali: solo in questo ultimo anno, infatti, ci sono stati vari aumenti dovuti all’inflazione ed anche un significativo innalzamento del costo del lavoro connesso ai rinnovi contrattuali.

Conclusione

Da questa indagine, il costo reale complessivo medio di un CDD (comprensivo di trasporto) risulterebbe quindi essere di 125 € pro-capite al giorno, come risultato della somma della quota sanitaria regionale media (56 €) e del costo medio della retta dichiarato dagli enti gestori, comprensiva del trasporto (69 €). In ogni caso, e comunque le si prenda, queste cifre risultano essere decisamente superiori rispetto al costo complessivo implicitamente ipotizzato da Regione Lombardia, ovvero di 82 €. L’analisi di questi dati fa quindi emergere, da un lato la forte disomogeneità dei costi dei servizi e dall’altro la non adeguatezza, rispetto a quanto previsto dai LEA, del contributo del Fondo Sanitario Regionale per il funzionamento dei CDD, ovvero del servizio che dobbiamo ancora considerare centrale all’interno del sistema di welfare sociale regionale per la disabilità.


[1] Dato estrapolato dalla DGR 3719/2024
[2] Merlo G., Franchini R., Melzi A., Welfare sociale e disabilità in Lombardia 2018-2023. Cambia il discorso?, in “In cerca di un nuovo modello. Lo stato del welfare in Lombardia”, a cura di Gori C., Guidetti C., Ghetti V., Pozzoli F., Maggioli editore, 2023
[3] “Le Residenze Sanitario assistenziali per Disabili (RSD) sono strutture di lungodegenza che accolgono persone con disabilità congenita o acquisita, di età adulta mediamente compresa tra i 18 e i 65 anni, parzialmente o totalmente non autosufficienti, non assistibili a domicilio e bisognose di assistenza continua” – Fonte: sito di Regione Lombardia
[4] Valore ricavato dal simulatore https://rivaluta.istat.it/
[5] Il fatto che il costo del trasporto debba essere inserito nel costo della retta sociale è previsto dal DPCM 159/2013 che regola l’uso dell’ISEE per le richieste di partecipazione alla spesa dei servizi, dove si specifica che “gli interventi di ospitalità alberghiera presso strutture residenziali e semiresidenziali” debbano comprendere “le prestazioni strumentali ed accessorie alla loro fruizione”