Discriminato un alunno con disabilità : una lunga causa, un'importante Sentenza

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«Pur avendo la Corte riconosciuto solo due delle quattro condotte discriminatorie contestate, questa pronuncia è decisamente significativa, perché afferma dei princìpi molto importanti in tema di risarcimento del danno non patrimoniale»: a dirlo sono i legali che hanno assistito i genitori di un alunno con disabilità, dopo la Sentenza con cui la Corte d’Appello di Milano ha in parte riformato una precedente Ordinanza del Tribunale di Monza, accertando una discriminazione posta in essere nei confronti dell’alunno stesso

Tramite una recente Sentenza, la Corte d’Appello di Milano (Sezione delle Persone, dei Minori, della Famiglia) ha in parte riformato una precedente Ordinanza del Tribunale di Monza, accertando una discriminazione posta in essere dal Ministero dell’Istruzione, e nello specifico da un Istituto Comprensivo, «per non avere indicato nel PEI (Piano Educativo Individualizzato) il fabbisogno educativo necessario al minore con disabilità» e per «non avere riconvocato successivamente il GLHO (Gruppo di Lavoro per l’Handicap Operativo) per i necessari emendamenti richiesti».

I genitori del minore con disabilità sono stati supportati nell’iter legale dal Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi della Federazione lombarda LEDHA, di cui è consulente l’avvocato Gaetano De Luca, che insieme a Barbara Legnani ha assistito i genitori stessi in una causa decisamente lunga e complessa. «Pur avendo la Corte d’Appello di Milano riconosciuto solo due delle quattro condotte discriminatorie contestate – commentano i legali – questa pronuncia è decisamente significativa, perché ha affermato dei princìpi molto importanti in tema di risarcimento del danno non patrimoniale. Nel riconoscere infatti un indennizzo – pur se minimo – ai genitori dell’alunno discriminato, la Corte ha affermato che il risarcimento del danno non patrimoniale da discriminazione svolge anche una “funzione deterrente e preventiva” e pertanto va riconosciuto senza dover necessariamente dimostrare il concreto pregiudizio subìto dalla vittima della condotta discriminatoria». (S.B.)

Ricordiamo ancora il link al quale è disponibile la Sentenza della Corte d’Appello di Milano.

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