Senza pietismo e senza eroi: cosଠFranco Bomprezzi raccontava la disabilità 

Tratto da

«Franco – scrive Renato La Cara, riferendo del recente convegno di Milano “Franco Bomprezzi, il pensiero e l’azione” – vedeva l’impegno civico e la lotta a difesa dei più deboli come qualcosa di vitale, una spinta quasi naturale per dare voce a quelle persone con disabilità cui viene troppo spesso negata. Senza pietismo e senza eroi, come affermava spesso»

Un bravo giornalista e un grande comunicatore, soprattutto questo era Franco Bomprezzi. Precursore, pioniere lungimirante e personalità fondamentale per lo sviluppo della comunicazione sui diritti delle persone con disabilità e non solo.
Nel convegno intitolato Franco Bomprezzi, il pensiero e l’azione, organizzato il 12 novembre scorso alla Biblioteca di Chiesa Rossa a Milano [se ne legga anche la nostra ampia presentazione, N.d.R.], si è parlato del suo impegno professionale di giornalista, ma anche delle sue battaglie a difesa delle pari opportunità per tutti, a prescindere dalla propria condizione e per una società senza barriere e pregiudizi.

Per chi non lo conoscesse, soprattutto tra le nuove generazioni, nella sua vita Franco è stato anche blogger e scrittore, testimonial di Telethon, oltreché presidente di organizzazioni come la UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e la LEDHA (la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità che costituisce la componente lombarda della FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Nel 2012 è stato uno degli ideatori del blog InVisibili del «Corriere della Sera.it», oltreché direttore di testate quali «SuperAbile», «Superando» e «DM». È scomparso il 18 dicembre 2014 presso una stanza del Centro Clinico NEMO di Milano (NeuroMuscular Omnicentre), dove era ricoverato, luogo di cura multidisciplinare che egli stesso aveva contribuito a creare.

All’incontro sono intervenute, a vario titolo, tutte persone che lo hanno conosciuto direttamente: hanno lavorato al suo fianco in redazione, hanno condiviso le lotte associative, si sono confrontate su diversi temi come l’inclusione sociale, l’abbattimento delle barriere architettoniche e culturali, il sostegno scolastico, l’inclusione lavorativa, la vita indipendente, l’assistenza domiciliare.
Alcuni degli intervenuti al convegno hanno vissuto con lui persino i suoi ultimi giorni di vita e raccolto «nei nostri cuori le sue ultime riflessioni».
L’incontro è stato organizzato dalla Fondazione Mantovani Castorina, promotrice tra l’altro del Festival delle Abilità, con il patrocinio dell’Associazione Premio Bomprezzi del quale il 3 dicembre prossimo si terrà la premiazione della prima edizione, con InVisibili e «Superando» quali mediapartner.

A introdurre il convegno è stato Simone Fanti, giornalista e blogger di InVisibili, a moderarlo Alessandro Cannavò, caporedattore del «Corriere della Sera».
Sono intervenuti Stefano Borgato, segretario di redazione di «Superando.it», Antonio Giuseppe Malafarina, poeta, giornalista e presidente onorario della Fondazione Mantovani Castorina, Alberto Fontana, in qualità di consigliere della LEDHA, Francesca Arcadu, componente del Gruppo Donne UILDM, padre Giuseppe Bettoni, presidente della Fondazione Arché, Claudio Arrigoni, giornalista e voce delle Paralimpiadi e Diana De Marchi, presidente della Commissione Pari Opportunità e Diritti Civili del Comune di Milano.
L’attore Vlad Scolari ha letto stralci del libro di Bomprezzi La contea dei ruotanti (il Prato, seconda edizione 2015).

De Marchi ha ricordato l’importanza della figura di Bomprezzi, tra i primi giornalisti in Italia con disabilità a parlare di inclusione sociale delle persone con disabilità e capace di soffermarsi sul concetto di mettere al centro la persona e il mondo delle disabilità non solo come discorso simbolico, ma come concretezza da realizzare nella pratica politica.
Ha ricordato inoltre che il Comune di Milano ha voluto dedicare a Bomprezzi la “Casa dei Diritti”, sottolineando il fatto che Franco si batteva per i diritti di tutti perché non ha mai considerato le persone con disabilità come facenti parte di un altro mondo: «Non facciamo parte di un altro mondo, ma siamo una parte dello stesso mondo», sottolineava. Franco, che già parecchi decenni fa aveva iniziato a trattare certi argomenti con chiarezza di linguaggio, grande capacità espositiva e un’attenzione estrema all’uso di determinate parole, con la consapevolezza della sua condizione di persona con disabilità. Oggi si direbbe empowerment.

Cannavò ha ricordato poi come Franco spesso affermasse che «la disabilità si trasforma in handicap sulla base dell’ambiente che ci circonda ben prima di quanto è stato stabilito dalla Convenzione ONU  sui Diritti delle Persone con Disabilità».

Si diceva che a tratteggiare ricordi, pensieri e azioni di Bomprezzi sono intervenute persone che lo conoscevano molto bene. Ad esempio Borgato, con un percorso di trent’anni di amicizia, ha raccontato che «Franco è stato prima di tutto un giornalista, attento, scrupoloso, sensibile. Probabilmente si tratta del primo giornalista con disabilità motoria che si è occupato di cronaca nera in un quotidiano italiano».
Ha ricordato inoltre come Franco, anche negli ultimi giorni di vita, non si sia mai dato per vinto e volesse continuare la propria battaglia per difendere i diritti. Il suo motto Liberi di volare è un po’ l’espressione-simbolo del pensiero di Bomprezzi che diventa azione, sempre con uno sguardo critico sul presente, ma con una forte speranza per il futuro, nonostante le tantissime criticità che le persone con disabilità devono affrontare, molto spesso lasciate sole con le proprie famiglie.

Antonio Giuseppe Malafarina, anch’egli amico di Franco, ha raccontato che si erano conosciuti alla Fondazione Mantovani-Castorina per parlare del progetto DAMA [Disabled Advanced Medical Assistance, ovvero “Assistenza medica avanzata alle persone con disabilità”, N.d.R.]. «Abbiamo anche seguito insieme l’esperienza di “Superabile” – ha detto – e Franco ci rimase un po’ male quando gli fu tolta la responsabilità del sito. Ma non era certo una persona che si abbatteva facilmente»
«Era un fantastico oratore – ha aggiunto – che sapeva cogliere le particolarità del momento, anticipare i tempi, dare preziosi consigli, mettendosi a disposizione di chiunque volesse confrontarsi».
Dall’incontro sono emersi anche particolari di Bomprezzi che chi non lo ha conosciuto di persona non sa, come ad esempio la sua fede calcistica per l’Inter e che aveva un gatto amatissimo da lui chiamato Ibra, per celebrare le sontuose prestazioni del calciatore Zlatan Ibrahimovic quando vestiva la maglia nerazzurra. «Con lui – ha sottolineato ancora Malafarina – le cose si facevano con naturalezza, con spontaneità; mi porto dentro il suo essere un professionista della comunicazione che trattava le persone alla pari e non amava definire le persone con disabilità come degli eroi».

È intervenuto per raccontare Franco anche il presidente della Fondazione Arché, padre Bettoni, spiegando che «Bomprezzi era capace di trasformare la fragilità in opportunità, grazie alla sua grande intelligenza e smisurata passione per la vita. Era sempre pieno di proposte, consigli utili per la collettività. Era un credente, ma laico, con un’evidente spiritualità e per me conoscerlo è stata un’occasione davvero preziosa, perché persone come Franco aiutano a migliorare la società in cui viviamo».

Arcadu ha conosciuto Bomprezzi quando aveva 14 anni e aveva da poco iniziato a conoscere la UILDM di cui Franco, come detto, è stato anche Presidente. «Era il migliore a raccontare la disabilità – ha ricordato-, un narratore eccelso senza alcuna retorica e pietismo, che anzi trovava sgradevoli. Franco mi ha insegnato a scrivere articoli giornalistici, sapeva raccontare con ironia, aveva una bella lucidità di analisi».
«Ha avuto il grande merito – ha aggiunto – di tracciare la via al mondo del giornalismo sulle disabilità, sempre stando al fianco delle persone con disabilità. Ancora oggi ogni volta rileggo i miei articoli e penso a come Franco li giudicherebbe».

Successivamente Alberto Fontana si è soffermato sul momento del trasferimento di Bomprezzi da Padova a Milano per motivi professionali. «Quello che mi colpiva – ha affermato -era la sua grande empatia, quella sua capacità di offrire un senso genuino di accoglienza e amicizia. L’ho anche sostenuto nel momento in cui Franco decise di candidarsi alle elezioni regionali, ma purtroppo non è riuscito ad essere eletto; la sua visione per molti aspetti anticipava i tempi, era una persona lungimirante, sapeva dare alle parole un significato vero».
Bomprezzi è stato un simbolo, ma anche un esempio pratico per un cambiamento civico attraverso l’uso delle parole corrette in merito alla disabilità. «Franco ha rappresentato un vero momento di educazione – ha precisato su questo Fontana -, senza compromessi per le persone con disabilità e le Istituzioni. Le sue battaglie contro i pregiudizi e le discriminazioni sono li a testimoniarlo. Franco appartiene all’umanità».

E infine Arrigoni, visibilmente emozionato nel commemorarlo, ha ricordato di avere ereditato la direzione della rivista «DM» della UILDM dopo la scomparsa di Bomprezzi. «La cosa più grande di Franco – ha affermato – era la sua estrema attenzione al linguaggio, ci teneva sempre ad una corretta comunicazione, il suo stile ha profondamente cambiato la cultura intorno alla disabilità e non solo».
Secondo Arrigoni, «è stato in grado di contribuire profondamente con grande competenza per migliorare la cultura sulle diversità, ha fornito una spinta determinante in direzione di una società più aperta e inclusiva».
E sullo sport paralimpico? «Franco – ha sottolineato Arrigoni – mi diceva sempre di raccontare le abilità di ciascun atleta, è stato antesignano anche su questo aspetto. Sapeva dare delle indicazioni preziosissime, non imponeva mai delle regole di comunicazione. Voleva maggiore attenzione da parte del giornalismo a non discriminare nessuno e in nessuna maniera, utilizzando i termini idonei».

Secondo chi scrive lo slogan Nulla su di Noi, senza di Noi, trova con Franco Bomprezzi la sua giusta realizzazione. Egli è stato per me un punto di riferimento, quando poco più che ventenne, mi sono avvicinato al giornalismo. È stato lui a spingermi a specializzarmi nel settore dei diritti delle persone con disabilità, «perché – mi diceva – non ci sono molti giornalisti professionisti che studiano, parlano, scrivono di disabilità. Datti da fare Renato, ci sarà molto da lavorare su questi temi!». Parole che ancora oggi riecheggiano nella mia mente al solo ricordo, e per certi aspetti anche drammaticamente vere, guardando alle tante discriminazioni che colpiscono in primis proprio le persone con disabilità.
Interista come me, Franco vedeva l’impegno civico e la lotta a difesa dei più deboli come qualcosa di vitale, una spinta quasi naturale per dare voce a quelle persone con disabilità cui viene troppo spesso negata. Senza pietismo e senza eroi, affermava, e sono pienamente d’accordo.
Per me raccontare le diversità, le fragilità – come si usa dire oggi con la pandemia mondiale – è diventata una prospettiva di vita. Poter provare a raccogliere la fantastica eredità di un giornalista come Bomprezzi è un sogno per la mia generazione di giornalisti. Ma a volte sognare non fa male. «Forza giovani, non fermiamoci!», diceva Franco. Condivido in pieno.

Il presente contributo è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “Il grande omaggio a Franco Bomprezzi e le sue lezioni che ci fanno andare avanti”) e viene qui ripreso – con alcune modifiche dovute al diverso contesto – per gentile concessione.

Altri eventi