Con le Linee guida n. 17 recanti “Indicazioni in materia di affidamenti di servizi sociali”, approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 382 del 27 luglio 2022, l’ANAC chiude un ciclo, iniziato sei anni fa.

Con la delibera n. 32 del 20 gennaio 2016, infatti, l’ANAC approvava le prime “Linee guida per l’affidamento di servizi a enti del terzo settore e alle cooperative sociali”. Attraverso le linee guida del 2016, che è utile ricordare, furono approvate in epoca antecedente all’approvazione del Codice del terzo settore (d. lgs. 3 luglio 2017, n. 117), l’Autorità nazionale anticorruzione stabiliva i riferimenti procedurali che avrebbero dovuto caratterizzare i rapporti giuridici intercorrenti tra pubbliche amministrazioni e soggetti non lucrativi e cooperativi.

Nello specifico, l’ANAC, che fu indubbiamente sollecitata ad intervenire a seguito dei fatti riconducibili a “Mafia Capitale”, scandalo scoppiato nei due anni precedenti e che aveva interessato l’affidamento di servizi da parte del Comune di Roma ad una cooperativa sociale, si prefiggeva “lo scopo di fornire indicazioni operative alle amministrazioni aggiudicatrici e agli operatori del settore al fine di addivenire ad aggiudicazioni rispettose della normativa di settore e della normativa nazionale e comunitaria in materia di affidamenti di contratti pubblici.”

Alla luce di questo quadro di riferimento, il presente contributo intende proporre un confronto tra le Linee guida del 2016 e quelle del 2022, per evidenziare, da un lato, le differenze e, dall’altro, le analogie tra i due testi. Differenze e analogie che rappresentano l’esito del percorso evolutivo sia del ruolo di ANAC nel comparto dei servizi sociali sia dell’oggetto delle Linee guida, entrambi influenzati dalla Riforma del Terzo settore.

Per quanto attiene al ruolo dell’Autorità nazionale anticorruzione è opportuno ricordare che sia la Riforma del Terzo settore sia il c.d. “decreto sblocca cantieri” hanno ridisegnato il perimetro di intervento di ANAC. In questo senso, si veda il parere reso dal Consiglio di Stato, sezione consultiva n. 03235 del 27 dicembre 2019, con il quale i giudici di Palazzo Spada hanno confermato il valore autonomo e originario della disciplina contenuta nel Codice del terzo settore rispetto al Codice degli appalti. Il parere del 2019 ha permesso di superare l’atteggiamento di diffidenza nei confronti degli istituti giuridici di natura cooperativa disciplinati nel Codice del Terzo settore espresso in un precedente parere del 2018, per affermarne non soltanto la piena legittimità, ma soprattutto l’equiordinazione rispetto alle procedure amministrative competitive.

Avuto riguardo, invece, all’oggetto delle Linee guida del 2022, occorre precisare che, mentre le Linee guida del 2016 contemplavano gli enti del terzo settore e le cooperative sociali quali soggetti destinatari dei rapporti giuridici con le pubbliche amministrazioni, quelle approvate nello scorso mese di luglio riguardano soltanto gli affidamenti dei servizi sociali senza più nulla specificare in ordine ai soggetti chiamati a realizzare quei servizi. La nuova versione è “figlia” dell’evoluzione che, nel frattempo, ha interessato gli enti del terzo settore, i quali, ai sensi dell’art. 5 del d. lgs. n. 117/2017, sono stati riconosciuti quali partners privilegiati della pubblica amministrazione nello svolgimento di attività di interesse generale, tra cui sono ricompresi anche i servizi sociali. Questi ultimi, pertanto, qualora “oggetto” degli istituti giuridici di natura cooperativa di cui al medesimo Codice del Terzo settore non sono riconducibili alle dinamiche concorrenziali di cui al Codice dei Contratti pubblici, al quale invece sono assoggettabili nel caso in cui essi sottendano rapporti sinallagmatici.

In quest’ottica, ancorché le Linee guida del 2016 riconoscessero la legittimità di quelli che sarebbero divenuti gli “istituti cooperativi” previsti dal Codice del Terzo settore, essi erano considerati derogatori rispetto alle ordinarie procedure di carattere competitivo contemplate dalle norme in materia di appalti. In questo senso, le Linee guida del 2016, facendo riferimento al dpcm 30 marzo 2001, che, all’epoca, rappresentava il “punto di riferimento” alternativo alle gare d’appalto nel regime giuridico ante-riforma del Terzo settore, suggeriva alle pubbliche amministrazioni di definire l’elenco dei soggetti fornitori, che avrebbe potuto permettere la “preselezione dei fornitori sulla base di una procedura basata sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa”. In quest’ottica, secondo l’orientamento dell’Autorità, si trattava di una “modalità idonea a verificare quantomeno il possesso dei requisiti generali (esplicitati dall’art. 38 del Codice dei Contratti) e delle capacità tecnico-organizzative per gestire il servizio oggetto di autorizzazione o accreditamento”. La preselezione avrebbe poi assicurato, nel caso di più partecipanti, la selezione di “quelli che sono in grado di garantire il miglior rapporto qualità e costo” (Linee guida del 2016, p. 7).

Da ciò discendeva che la selezione dei soggetti non profit e, dunque, l’affidamento dei servizi sociali doveva “avvenire con le garanzie di imparzialità e parità di trattamento previste dall’art. 27 del Codice (degli appalti).” Degna di nota, in questo contesto, l’avvertenza dell’Autorità circa la necessità di procedere attraverso bandi pubblici, anche laddove gli interventi da attivare riguardino situazioni emergenziali (si veda, per tutte, l’accoglienza dei migranti). In questi casi, i bandi non devono contemplare misure volte a restringere la platea dei soggetti candidabili in ragione di appartenenza al territorio, ritenute in contrasto sia con il principio costituzionale di parità di trattamento di cui all’art. 3 Cost. sia con la normativa comunitaria in materia di appalti di servizi che impone alle amministrazioni aggiudicatrici parità di trattamento tra i relativi prestatori (Linee guida del 2016, p. 15).

In questa prospettiva proconcorrenziale, il riferimento normativo delle linee guida del 2016 non poteva che essere la Direttiva 2014/24/UE in materia di appalti pubblici. Essa ha introdotto un regime “alleggerito” per l’aggiudicazione degli appalti inerenti i servizi sociali ed altri particolari servizi indicati nell’art. 74 e nell’allegato XIV della medesima direttiva, regime che ha trovato successivamente “cittadinanza” nel d. lgs. n. 50/2016. Poiché i riferimenti normativi di ANAC nel 2016 (e nel 2022) sono contenuti nelle procedure di gara disciplinate dal Codice dei contratti pubblici, le linee guida del 2016 e del 2022 pongono particolare attenzione al principio di rotazione, considerato quale limite temporale agli affidamenti e, quindi, strumento per promuovere la concorrenza.

Ulteriore raccomandazione nel senso di rafforzare la concorrenza (anche) nel settore dei servizi sociali riguarda il tema delle proroghe e dei rinnovi contrattuali: l’ANAC ribadiva che lo “spostamento del termine contrattuale in avanti alle medesime condizioni” doveva essere confinato soltanto a casi limitati ed eccezionali: dizione che restringe questo istituto a circostanze obiettivamente indipendenti dalla P.A. aggiudicatrice e in cui lo spostamento contrattuale risulti effettivamente necessario per assicurare medio tempore la continuazione del servizio oggetto dell’affidamento (Linee guida del 2016, p. 16). In quest’ottica, l’ANAC conferma la propria contrarietà al c.d. “rinnovo tacito” del contratto. Il rinnovo espresso, al contrario, per poter essere legittimamente invocato, deve essere previsto, alle medesime condizioni e per un periodo di tempo predeterminato e limitato, ab origine negli atti di gara e venire esercitato in modo espresso e con adeguata motivazione (Linee guida del 2016, p. 16).

Accanto alle raccomandazioni relative agli affidamenti dei servizi sociali, riconducibili nell’alveo delle procedure competitive, nel contesto normativo delineato dalla legge n. 328/2000 e dal già richiamato dpcm 30 marzo 2001, le linee guida del 2016 contemplavano anche riferimenti alla co-programmazione e alla co-progettazione. In merito alla prima, le linee guida valorizzavano la “programmazione concertata” tra P.A. ed enti non profit in ordine agli interventi e alle attività da realizzarsi nell’ambito territoriale di competenza (p. 12). Avuto riguardo alla co-progettazione, che, come ricordato, all’epoca in cui furono adottate le linee guida del 2016, era (ancora) disciplinata dall’art. 7 del dpcm 30 marzo 2001, l’ANAC proponeva di attivare un percorso individuato nelle seguenti quattro fasi: a) pubblicazione di un avviso di manifestazione di interesse per raccogliere le proposte progettuali; b) valutazione delle proposte progettuali e individuazione dei costi del progetto; c) avvio dell’attività vera e propria di co-progettazione, apportando eventuali variazioni al progetto presentato per la selezione degli offerenti; d) stipula della convenzione.

Le raccomandazioni in materia di co-programmazione e co-progettazione contenute nelle Linee guida del 2016 non hanno più trovato cittadinanza nelle nuove Linee guida di luglio, atteso che trattasi di istituti disciplinati (nel frattempo) negli artt. 55 e seguenti del Codice del Terzo settore e che, come tali, esulano dalla disciplina contrattualistica, così come ribadito, in ordine cronologico, dal già citato parere del Consiglio di Stato, sezione consultiva, n. 03235 del 27 dicembre 2019, dalla sentenza della Corte costituzionale n. 131 del 2020, dalle previsioni contenute nella legge 11 settembre 2020, n. 120 (di conversione del d.l. n. 76/2020, c.d. “decreto semplificazioni” di fine 2020 e dal decreto del Ministro del Lavoro e Politiche Sociali n. 72 del 31 marzo 2021, recante “Linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore”.

Nell’ambito della cornice interpretativa e normativa sopra brevemente richiamata, gli enti del terzo settore non agiscono alla stregua di “fornitori/erogatori”, come contemplato nel binomio “committenza – prestazione”, bensì operano quali “partners”, collaboratori nel raggiungimento di finalità di interesse generale condivise con gli enti pubblici. Enti non lucrativi e pubbliche amministrazioni dispongono oggi di una “cassetta degli attrezzi” in grado di far funzionare i meccanismi di cooperazione, così contribuendo a consolidare l’amministrazione condivisa.

Tuttavia, la co-progettazione, unitamente alle convenzioni e agli altri istituti della sussidiarietà, non esauriscono i rapporti giuridici tra enti pubblici e soggetti non profit e mutualistici. In questa prospettiva, è opportuno ricordare che il Codice dei contratti pubblici, ratificando le Direttive europee n. 23 e 24 del 2014 in materia di concessioni e appalti, prevede specifiche disposizioni relativamente agli affidamenti (appalti) dei servizi sociali. E sono proprio le procedure di affidamento dei servizi sociali a costituire l’oggetto precipuo delle Linee guida di ANAC approvate a luglio 2022. Esse, infatti, riguardano esclusivamente la materia degli “affidamenti”, nel senso di rapporti giuridici caratterizzati dalla presenza di un corrispettivo riconosciuto a fronte di un facere, indipendentemente dal fatto che l’obbligazione di fare sia in capo ai soggetti non lucrativi. I quali possono sempre essere “ingaggiati” dalle pubbliche amministrazioni, qualora lo ritengano opportuno e conveniente, attraverso gli istituti cooperativi di cui agli artt. 55 e 56 del d. lgs. n. 117/2017. Le pubbliche amministrazioni, pertanto, sulla scorta e in forza di una scelta politico-amministrativa, non soltanto necessaria ma doverosa, possono decidere “quale direzione” prendere.

A questo riguardo, preme evidenziare che le linee guida approvate nel mese di luglio 2022 riconoscono che le pubbliche amministrazioni possano fare ricorso alle forme di co-programmazione, co-progettazione e convenzionamento anche “se realizzate a titolo oneroso”.  Si tratta di un passaggio di estrema rilevanza, che sembra fare “piazza pulita” di una serie di equivoci, interpretazioni distorte, se non addirittura talvolta malevoli e interessate e dubbi in ordine al contenuto (rectius: assenza di) economico nei rapporti giuridici alternativi al mercato concorrenziale. Le linee guida ANAC di “nuovo conio sembrano invero affermare che in una procedura di co-progettazione sia legittimo prevedere un contenuto economico, in base al quale ovvero sulla base del cui importo pubbliche amministrazioni e soggetti non profit impostano la realizzazione del/dei progetto/i da realizzare in forma condivisa. L’onerosità, dunque – come già si è avuto di ricordare proprio su questo sito – può dunque non corrispondere al concetto di corrispettivo, atteso che è, allo stato, difficilmente realizzabile un qualsivoglia intervento nel comparto del welfare, che non sia sostenibile dal punto di vista economico-finanziario.

In termini conclusivi, è possibile ritenere che le Linee guida del 2022 contribuiscano a completare, in senso positivo, un lungo, difficile e complesso processo evolutivo del sistema degli affidamenti dei servizi di welfare a favore degli enti non profit e della cooperazione. Da un lato, le linee guida in parola hanno confermato l’alternatività degli strumenti concorrenziali rispetto a quelli collaborativi e, dall’altro, hanno riconosciuto che gli enti di terzo settore, nello specifico, possono agire sia sul versante di prestatori/erogatori di servizi, quando a ciò chiamati nell’ambito di procedure selettive e competitive, sia in qualità di soggetti partner e collaborativi nell’ambito di procedimenti di amministrazione condivisa. I due “mondi” richiedono procedure, attenzioni, competenze, sensibilità e conoscenze diverse, a garanzia e presidio di due “modalità di ingaggio”, nell’ambito delle quali, comunque, l’ordinamento giuridico sembra intenzionato a riconoscere e valorizzare le specifiche caratteristiche e finalità degli enti non lucrativi e mutualistici.