Una ricerca racconta i figli della Sla

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La malattia di un familiare costringe i più piccoli a crescere più in fretta dei loro coetanei e incide sulla "Costruzione del sè". L'esito di una ricerca condotta da Aisla e Università di Pavia

La SLA modifica radicalmente la vita di chi ne è colpito e dell’intero nucleo famigliare. Ma quando sono presenti dei minori, qual è il loro impatto con il dolore? Quali sono gli aspetti che incidono sulla loro crescita emotiva? E come è possibile sostenerli?

A queste domande ha provato a rispondere -per la prima volta- “Baobab”, la ricerca condotta dalla Scuola di psicologia dell’Università di Padova e pubblicata sulla rivista “Scientific reports” di Nature. E che è frutto di un lavoro voluto da AISLA (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) con il sostegno di Fondazione Mediolanum onlus. Il progetto di ricerca prende il nome dal libro di Saint-Exupéry “Il piccolo Principe”: Con la figura del Baobab si vuole rappresentare la Sla che, se non viene “curata” in tutti i suoi aspetti, può prendere il sopravvento nella vita delle persone che ne sono coinvolte. 

La SLA apporta modifiche radicali per tutti i familiari e sui minori in modo particolare. I risultati dello studio, infatti, rappresentano la realtà quotidiana che i “figli dei malati di SLA” devono affrontare ogni giorno, costretti a crescere più in fretta degli altri ma che per nessun motivo al mondo devono rinunciare ai loro sogni. Bisogna allora chiedersi quale sia l'impatto nei confronti del dolore e capire come questi cambiamenti e responsabilità possano incidere sulla loro crescita emotiva. 

La ricerca ha osservato nei bambini e adolescenti il processo di “Costruzione del Sé” che avviene in età evolutiva. In particolare, lo studio ha posto l’attenzione su quelle che sono le dimensioni essenziali per la definizione della nostra identità personale e sociale come l'attaccamento nei confronti dei genitori; l’affettività; la capacità di adattamento e resilienza; il concetto di morte, lo sviluppo socio-emotivo e il livello di autostima. Sono state rilevate debolezze, ma anche molti punti di forza.

Nel progetto sono stati coinvolti 25 nuclei familiari per un totale di 38 bambini e adolescenti dai 7 ai 18 anni e con un familiare affetto da SLA (genitori, nonni, zii).  I risultati dello studio hanno evidenziato come il 53% dei soggetti osservati presentino criticità relative all'autostima e alle competenze socio-emotive. Quindi si comprende come la presenza della patologia può rendere meno sicuro il bambino. Rispetto ai coetanei del gruppo di controllo che è stato coinvolto nello studio e che non vivono tale situazione, è stato osservato come i bambini e i ragazzi con un familiare malato possano avere maggiore difficoltà a sviluppare un'affettività positiva. Questo significa che, nella loro crescita, potrebbero avere maggiori ostacoli nell’esternare le proprie emozioni e, quindi, limitare la capacità di socializzazione.  

È anche importante rilevare, però, che questi bambini e ragazzi hanno un elevato grado di autonomia e che, nel tempo, questa capacità di reagire nel quotidiano si trasforma in problem solving. Non solo, pur nella consapevolezza della malattia, sono giovani coraggiosi che riconoscono il valore della famiglia, dimostrando di essere capaci di collaborare e di mantenere viva la speranza. A tale proposito, anche il vissuto della morte è stato indagato ed è emerso che, tutti i 38 bambini seguiti durante lo studio osservazionale, percepiscono questo evento come un passaggio e non come la fine della vita stessa.

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