Inclusione scolastica e ruolo del docente di sostegno: un modello attuale o superato?

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Bisogna andare oltre l’insegnante di sostegno? Il modello dell’inclusione deve essere rivisto? La posizione dell’ex ispettore Iosa sul tema

Il Consiglio dei ministri ha approvato, nella seduta dello scorso 27 ottobre, il disegno di legge di delega al Governo in materia di disabilità. Si tratta di un eventuale provvedimento assai importante, che forse non ha ancora trovato ampia diffusione e confronto, ma che in realtà andrebbe o andrà a modificare alcuni cardini normativi essenziali in merito alla disabilità, come vi avevamo riferito.

Il testo è composto da tre macro-ambiti: acquisire nella normativa italiana la definizione di disabilità, in attuazione della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità; la conseguente riforma dei criteri e delle modalità di riconoscimento di quella condizione in funzione di differenti livelli di prestazioni e servizi, dei diversi livelli di accesso ai diritti; l’istituzione del Garante dei diritti delle persone con disabilità.

Il cuore del testo è rappresentato dalla riforma degli attuali criteri di accertamento dell’invalidità, dell’handicap e della disabilità. 

In un intervento interno ai lavoro del Convegno biennale La qualità dell’inclusione scolastica e sociale organizzato dal Centro Studi Erickson, Raffaele Iosa, già ispettore tecnico e responsabile dell’Osservatorio nazionale in materia di disabilità, ha preso in esame proprio la legge delega per la disabilità presentata a fine ottobre dal Governo.
Nel testo della proposta di legge – ha evidenziato Iosa – sono presenti due paradigmi estremamente importanti: la centralità strategica dell’ICF come guida, non solamente per chiedere posti, ore e assistenza, ma per il progetto alle persone e la centralità, quindi, del progetto di vita, che è il secondo paradigma. È possibile quindi che questa legge, se ben orientata e attuata nei decreti applicativi, possa permettere di superare la strana distinzione che viene effettuata tra il PEI, di competenza delle scuole, e il Progetto di Vita, di competenza dei comuniIl progetto di vita dell’essere umano è uno solo: il PEI è un pezzo di quel progetto che rappresenta la partecipazione della scuola nel periodo della frequenza scolastica. Il problema è che nel progetto di legge delega di cui stiamo parlando non è presente l’istruzione.

Iosa ha perciò individuato tre aggiunte che a suo parere dovrebbero essere inserite nel progetto di legge: la prima riguarda il superamento del sostegno così com’è stato gestito fino ad oggi… Si deve andare oltre all’insegnante di sostegno ricollocando questa figura tra gli insegnanti inseriti sui cosiddetti posti comuni, anche per evitare la distorsione dell’utilizzo del sostegno non come inclusivo ma come “isolativo”, fino a correre il rischio di una riproposizione, in forma diversa, di scuole speciali o para speciali… Il secondo punto, che riguarda in particolare la scuola secondaria superiore, è il tema della transizione alla vita adulta. Il progetto di legge delega, infatti, parla molto del lavoro per la realizzazione dell’autonomia della persona, ma non tratta lo snodo cruciale del passaggio dalla scuola alla vita adulta che rimane un “buco nero” e quindi noi proponiamo che questa legge miri a rafforzare il rapporto tra le legge 68/1999, relativa all’inserimento lavorativo, e la scuola superiore che dovrà operare con maggiore profondità su questa strategica questione, ritrovando anche un suo ruolo centrale nell’inclusione scolastica e uscendo dalle gabbie degli odiosi “obiettivi minimi” e dei percorsi “differenziati”, “equivalenti”, e così via, dimenticando qual è il problema vero di quelle ragazze e di quei ragazzi”. L’ultimo punto riguarda il ruolo degli assistenti: bisogna attuare al più presto la statalizzazione della funzione di assistenza per l’autonomia e la comunicazione… Pensiamo che tale questione possa essere inserita tra gli indirizzi della legge delega sulla disabilità.

La posizione definita e per certi versi radicale dell’ispettore Iosa ha suscitato un acceso dibattito sui social, soprattutto in merito al primo punto: se è vero, infatti, che il paradigma dell’inclusione difficilmente sposa la ratio dell’unico docente specializzato, in qualche modo “dedicato”, è anche vero che non pochi – e forse non del tutto a torto, data la costante razionalizzazione delle risorse – ancora una vota temono che un tale rivoluzione potrebbe occasionare tagli significativi nell’assegnazione delle risorse.

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Tina Naccarato

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