Aumentano gli alunni con disabilità e persistono criticità per l’inclusione scolastica. Il report Istat

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“Nell’anno scolastico 2022/2023 sono quasi 338mila gli alunni con disabilità che frequentano le scuole di ogni ordine e grado, il 4,1% del totale degli iscritti (+7% rispetto al precedente anno scolastico). Migliora l’offerta di insegnanti per il sostegno (+10%). Il rapporto alunno-insegnante, pari a 1,6, è migliore di quello previsto dalla legge, ma tra gli insegnanti 1 su 3 non ha una formazione specifica e il 12% viene assegnato in ritardo. Ancora forte discontinuità nella didattica: il 60% degli alunni con disabilità cambia insegnante per il sostegno da un anno all’altro, il 9% nel corso dello stesso anno scolastico”. Questo è il quadro che emerge dall’ultimo report Istat sull’inclusione degli alunni con disabilità. 
 
La disabilità intellettiva più frequente 

E ancora: Nell’anno scolastico 2022/2023 sono quasi 338 mila gli alunni con disabilità  che frequentano le scuole italiane (pari al 4,1% degli iscritti, fonte Miur), quasi 21mila in più rispetto all’anno precedente (+7%) .  

Notevoli le differenze in termini di genere: gli alunni con disabilità sono prevalentemente maschi, 229 ogni 100 femmine. Tale evidenza è in linea con le statistiche epidemiologiche che da tempo evidenziano sensibili differenze di genere in vari disturbi dello sviluppo neurologico, tra cui i disturbi dello spettro autistico e i disturbi del comportamento e dell’attenzione. 

Il problema più frequente è la disabilità intellettiva che riguarda il 37% degli studenti con disabilità, quota che cresce nelle scuole secondarie di primo e secondo grado attestandosi rispettivamente al 42% e al 48%; seguono i disturbi dello sviluppo psicologico (32% degli studenti), che aumentano nelle scuole del primo ciclo, in particolare nella scuola dell’infanzia (57%). Frequenti anche i disturbi dell’apprendimento e quelli dell’attenzione, ciascuno dei quali riguarda quasi un quinto degli alunni con disabilità, entrambi sono più diffusi tra gli alunni delle scuole secondarie di primo grado (rispettivamente il 26% e il 21% degli alunni). Meno frequenti le problematiche relative alla disabilità motoria (10,5%) e alla disabilità visiva o uditiva (circa 8%), con differenze poco rilevanti tra gli ordini scolastici. 

Il 39% degli alunni vive con una pluridisabilità 

Il 39% degli alunni con disabilità presenta più di una tipologia di disabilità, questa condizione è più frequente tra gli alunni con disabilità intellettiva che, nel 54% dei casi, vive una condizione di pluridisabilità. 

Quasi un terzo degli studenti (28%) ha inoltre un problema di autonomia con difficoltà nello spostarsi all’interno dell’edificio, nel mangiare, nell’andare in bagno o nel comunicare. Tra questi, oltre un quinto, ha problemi più gravi, in quanto non è in grado di svolgere autonomamente nessuna delle quattro attività. La maggiore difficoltà per questi studenti si riscontra nella comunicazione (21%) e nell’andare in bagno (19%), meno frequenti le difficoltà nello spostarsi o nel mangiare (rispettivamente il 13% e il 9%). 

Quasi tutti gli alunni presentano una certificazione di disabilità o di invalidità (97%) che permette l’attivazione del sostegno scolastico, si osserva tuttavia una quota marginale di alunni (1,3%) che, pur non disponendo di una certificazione, usufruisce del sostegno didattico; si tratta spesso di alunni in attesa di certificazione o con problematiche borderline a cui la scuola decide di dedicare una parte delle risorse disponibili . Tale quota è minima nelle regioni del Nord (0,9%) e aumenta nel Centro (2,3% di alunni senza certificazione), mentre nel Mezzogiorno è in linea con il valore nazionale (1,3). 

Ancora carenti gli insegnanti specializzati per il sostegno 

Gli insegnanti per il sostegno impiegati nelle scuole italiane sono circa 228mila, quasi 218mila nella scuola statale (fonte Miur) e circa 10mila nella scuola non statale (fonte Istat), con un incremento complessivo rispetto all’anno precedente del 10%. A livello nazionale, il rapporto alunno-insegnante, pari a 1,6 alunni per ogni insegnante per il sostegno (fonte Miur), è migliore di quello previsto dalla Legge 244/2007 che raccomanda un rapporto pari a 2.  

Più di 67mila insegnanti per il sostegno (il 30%) però sono stati selezionati dalle liste curricolari. Si tratta di docenti che non hanno una formazione specifica per il sostegno ma che vengono utilizzati per far fronte alla carenza di figure specializzate. Questo fenomeno è più frequente nelle regioni del Nord, dove la quota di insegnanti curricolari che svolge attività di sostegno sale al 42%, mentre si riduce al 15% nel Mezzogiorno.  

A questa carenza si affianca spesso un ritardo nell’assegnazione: a un mese dall’inizio della scuola, infatti, circa il 12% degli insegnanti per il sostegno non risulta ancora assegnato. Tale quota sale al 14% nelle regioni del Nord mentre scende al di sotto del valore nazionale nelle scuole del Mezzogiorno attestandosi all’11%. 

Nonostante queste criticità, emergono alcuni segnali positivi: negli ultimi quattro anni la quota di insegnanti selezionati dalle liste curricolari è diminuita, passando dal 37% dell’anno scolastico 2019-2020 al 30% dell’anno scolastico 2022-2023.  

Più ore di sostegno nel Mezzogiorno 

Il numero medio di ore settimanali di sostegno fruite da ciascun alunno ammonta a 15,3: il confronto tra gli ordini scolastici mette in evidenza una maggiore dotazione nella scuola dell’infanzia (20,2 ore), seguita dalla primaria (16,7) e dalla secondaria di secondo grado (13,4).  

A livello territoriale si osservano differenze per tutti gli ordini scolastici, con un numero di ore maggiore nelle scuole del Mezzogiorno: mediamente oltre 3 ore settimanali in più rispetto a quelle rilevate nelle scuole del Nord.  

Il 4% delle famiglie ha presentato ricorso al Tar, ritenendo l’assegnazione delle ore non adeguata . Nel Mezzogiorno i ricorsi risultano più frequenti (5,4%) mentre nel Nord la quota scende al 3%.  

Carenti nel Mezzogiorno le postazioni informatiche adattate 

In Italia, il 73% delle scuole primarie e secondarie dispone di postazioni informatiche adattate alle esigenze degli alunni con disabilità. La dotazione maggiore si registra in Emilia Romagna e nella Provincia autonoma di Trento (entrambe con l’81%), seguono Umbria e Puglia (77%), Toscana e Piemonte (76%); la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen presenta invece la percentuale più bassa (44%).  

Più di una scuola su quattro definisce insufficiente la dotazione di postazioni informatiche adattate. Questa carenza aumenta nel Mezzogiorno dove una scuola su tre segnala tale problematica. Tra gli ordini scolastici, ne risulta maggiormente sprovvista la scuola primaria (con il 31% delle scuole con postazioni insufficienti). 

Le scuole dell’infanzia che utilizzano strumenti informatici specifici per le attività svolte dai più piccoli sono il 27%, con minime differenze a livello territoriale. 

Aumentano le postazioni informatiche in classe per favorire una didattica inclusiva 

Per favorire una didattica inclusiva è importante che le postazioni informatiche, adattate alle esigenze degli alunni con disabilità, vengano collocate all’interno della classe. Il loro posizionamento in ambienti esterni impedisce la didattica insieme al gruppo dei coetanei e limita le relazioni tra i ragazzi. 

Tra le scuole che dispongono di postazioni informatiche, la collocazione in classe si registra nel 48% dei casi, quota che scende nel Mezzogiorno con punte minime in Puglia (37%). Il rimanente 52% dei plessi scolastici dispone di queste tecnologie solo in ambienti esterni (laboratori o aule per il sostegno). Negli ultimi cinque anni si osserva un discreto miglioramento: le scuole dotate di postazioni in classe sono passate dal 37% al 48%, tra queste però, una scuola su quattro ritiene che la dotazione non sia sufficiente a soddisfare la domanda. 

Poco diffusa la formazione in tecnologie educative  

Nel predisporre una didattica personalizzata gli insegnanti possono avvalersi di numerosi strumenti tecnologici e informatici (programmi di video-scrittura, sintesi vocale, riconoscimento ottico di caratteri, eBook e audiolibri, fogli di calcolo, programmi per la creazione di mappe e molti altri strumenti). Questi strumenti sono in continua evoluzione ed è quindi fondamentale il progressivo aggiornamento degli insegnanti per favorirne un uso corretto. 

La formazione dei docenti per il sostegno in tecnologie educative specifiche per gli alunni con disabilità risulta ancora poco diffusa: solo in una scuola su quattro (24%) tutti gli insegnanti hanno frequentato almeno un corso, nell’8% delle scuole nessun insegnante per il sostegno ha mai frequentato un corso specifico di aggiornamento per l’utilizzo di tali tecnologie. 

Anche l’utilizzo di questi strumenti da parte degli insegnanti per il sostegno risulta poco diffuso: solo nella metà delle scuole tutti gli insegnanti utilizzano la tecnologia a supporto della didattica inclusiva, nelle restanti scuole l’utilizzo è limitato a pochi insegnanti o completamente assente. 

Come raccomanda la letteratura in materia d’inclusione, la formazione non deve riguardare esclusivamente gli insegnanti per il sostegno ma deve rivolgersi anche ai docenti curricolari che nella predisposizione del materiale didattico devono tenere conto delle specifiche esigenze degli alunni con disabilità. Gli insegnanti curricolari che, avvalendosi di nuove tecnologie, predispongono materiali accessibili sono però appena il 7% del corpo docente. 

Non sempre sufficienti gli ausili didattici a supporto degli alunni con disabilità 

Sono diversi gli ausili messi a disposizione dalla scuola al fine di facilitare il processo di apprendimento, i più utilizzati sono gli apparecchi informatici e multimediali per la personalizzazione della didattica e i software didattici per l’apprendimento, utilizzati rispettivamente dal 41% e 31% degli alunni di tutti gli ordini. Nella scuola primaria segue l’utilizzo di facilitatori per la comunicazione (18% degli alunni con disabilità li utilizza), mentre nei cicli successivi sono più diffusi i sistemi informatici per la lettura e lo studio (utilizzati dal 21% degli alunni con disabilità nelle secondarie di primo grado e dal 18% in quelle di secondo grado). 

Per il 92% degli alunni gli ausili sono ritenuti adeguati alle esigenze individuali ma non sempre l’offerta soddisfa la domanda: il 7,3% degli studenti, infatti, non dispone di ausili ma ne avrebbe bisogno, percentuale che sale in relazione ad alcuni specifici strumenti, raggiungendo il 15% per i sistemi informatici per la lettura e lo studio e il 18% per i software che sostengono il potenziamento delle abilità di base. Nelle scuole del Nord, la carenza di strumenti didattici si riduce al 5,9% mentre aumenta nel Mezzogiorno (8,7%). Il 66% degli alunni, infine, usa a scuola un pc/tablet, che nel 15% dei casi è fornito dalla famiglia. 

Più ore di didattica fuori dalla classe nelle scuole del Nord 

Il rapporto con i coetanei gioca un ruolo fondamentale sul piano relazionale e dell’apprendimento, per questo motivo è auspicabile che la didattica venga svolta sempre insieme ai compagni e che l’attività dell’insegnante per il sostegno non sia rivolta esclusivamente all’alunno con disabilità, ma riguardi l’intero gruppo classe, in un’ottica di interazione e collaborazione, evitando situazioni di isolamento. 

Gli alunni con disabilità passano la maggior parte del loro tempo scuola all’interno della classe con i compagni (28 ore settimanali), mentre svolgono attività didattica da soli con l’insegnante per il sostegno per un numero residuale di ore (3,2 ore settimanali). Tuttavia, se l’alunno presenta limitazioni gravi, il numero di ore di didattica trascorse fuori dalla classe aumenta considerevolmente (7,2 ore settimanali), con differenze territoriali rilevanti (il Nord con 9,7 ore, il Mezzogiorno con 5,6 ore). 

L’analisi per ordine scolastico evidenzia un maggiore ricorso all’attività didattica fuori dalla classe nella scuola dell’infanzia, dove le ore di attività svolte lontano dai compagni risultano più che raddoppiate (otto ore per tutti gli alunni e 12 ore in presenza di limitazioni gravi), negli altri ordini scolastici invece il numero medio di ore passate lontano dai coetanei è in linea con il valore medio nazionale. 

Per circa un terzo degli studenti (29%) l’attività dell’insegnante per il sostegno è destinata all’intero gruppo classe consentendo lo svolgimento di una didattica inclusiva in interazione con i coetanei. 

Per oltre la metà dei ragazzi (52%), invece, l’insegnante per il sostegno orienta la sua attività prevalentemente all’alunno con disabilità, anche se non in modo esclusivo, consentendo anche in questo caso un clima di collaborazione con i compagni.  

Resta un 17% di alunni per i quali l’attività dell’insegnante per il sostegno è rivolta unicamente al ragazzo. Non si riscontrano differenze rilevanti analizzando separatamente i diversi ordini scolastici. 

Partecipazione alle gite più critica nel Mezzogiorno 

L’87% degli alunni con disabilità partecipa alle uscite didattiche brevi (senza pernottamento) organizzate dalla scuola, quota che scende all’81% nelle scuole secondarie di secondo grado, mentre raggiunge il valore massimo nella scuola primaria attestandosi al 92%. Quando le gite di istruzione prevedono il pernottamento la partecipazione diventa molto meno frequente (32%), in questo caso sono soprattutto gli alunni del primo ciclo a rimanerne esclusi, i livelli di partecipazione scendono infatti nella scuola primaria attestandosi al 23% e si riducono ulteriormente nella scuola dell’infanzia con solo il 6% di partecipanti.  

L’analisi territoriale evidenzia livelli di partecipazioni molto più bassi nelle regioni del Mezzogiorno dove alle uscite didattiche brevi partecipa l’82% degli studenti, mentre nelle gite con pernottamento solo il 21%. 

Il motivo di rinuncia più frequente è legato proprio alla condizione di disabilità (19% degli alunni), anche laddove l’uscita non preveda un pernottamento e comporti, quindi, una minore complessità organizzativa (31% degli alunni).  

Se si considerano le attività extra-didattiche organizzate nel corso dell’orario scolastico - laboratori artistici, scacchi, teatro ecc.- vi partecipano meno della metà degli alunni con disabilità (48%), con minime variazioni territoriali. I livelli più bassi di partecipazione si registrano nella scuola secondaria di secondo grado (42%), mentre aumentano nelle scuole primarie (56%).  

Buona la partecipazione all’attività motoria 

La partecipazione all’attività motoria risulta molto diffusa (92% degli alunni con disabilità), non si evidenziano differenze rilevanti né tra gli ordini né sul territorio. Anche in questo caso, il motivo principale della mancata partecipazione è legato alla condizione di disabilità (67% dei casi) a cui si aggiunge un 4% che non può partecipare per la mancanza di una figura di supporto.  

Per quel che attiene le attività sportive diverse da quelle rientranti nel piano della didattica curricolare, come per esempio gare sportive, solo il 21% degli alunni con disabilità vi prende parte, con una partecipazione maggiore per le scuole secondarie di primo grado (24%).  

Anche in questo caso la partecipazione diminuisce nelle scuole del Mezzogiorno (17%), soprattutto nella scuola dell’infanzia e nella scuola secondaria di secondo grado dove la quota di partecipanti scende al 12%, di contro i livelli più alti di partecipazione si osservano al Nord (24%) con punte massime nella scuola primaria (39%).  

Frequente il coinvolgimento della famiglia nella stesura del Piano Educativo Individualizzato (Pei) 

Le scuole sono tenute a predisporre, per tutti gli alunni con disabilità, il Piano educativo individualizzato (Pei), strumento fondamentale per permettere a ciascuno studente di partecipare a pieno alla vita scolastica realizzando il proprio potenziale. Per l’anno scolastico 2022-2023, il documento è stato redatto per quasi tutti gli studenti (97%). Affinché lo strumento raggiunga la massima efficacia dovrebbe essere concordato, discusso e approvato nelle prime settimane dell’anno scolastico, proprio perché su di esso si baserà tutto il percorso dello studente: per un ragazzo su quattro (25%), alla data del 31 ottobre, il Pei non è ancora stato predisposto. Questo ritardo è più marcato nelle scuole secondarie di secondo grado, in cui la percentuale di alunni per i quali non è stata redatta la documentazione a tempo debito sale al 29% e aumenta ulteriormente nel Centro dove raggiunge il 36%.  

Le figure che possono partecipare alla redazione del Pei sono diverse: oltre alle figure di sostegno, la cui presenza è imprescindibile, ci sono gli specialisti della Asl di riferimento, che partecipano nel 61% dei casi, e gli specialisti territoriali (come gli assistenti alla comunicazione o gli psicopedagogisti) presenti nel 39% dei casi. Molto frequente è il coinvolgimento della famiglia che avviene per il 90% degli alunni. Le linee guida, inoltre, suggeriscono il coinvolgimento dell’alunno stesso al proprio piano educativo, laddove l’età e le circostanze lo consentano; tale raccomandazione nella scuola secondaria di secondo grado è stata recepita per il 26% degli alunni.  

Nel Mezzogiorno più incontri tra famiglie e insegnanti 

La condivisione del progetto didattico ed educativo del singolo alunno con le famiglie degli studenti è importante per acquisire informazioni preziose sull’alunno e garantire continuità fra il percorso scolastico e quello seguito negli altri contesti di vita.  

Il 55% delle famiglie incontra meno di una volta al mese gli insegnanti curriculari al di fuori del Gruppo di Lavoro per l’inclusione (Gli), mentre una quota non trascurabile di famiglie (21%) non ha colloqui.  

Più frequenti sono gli incontri tra i familiari e l’insegnante per il sostegno che per il 16,9% delle famiglie avvengono più volte al mese.  

Nel Mezzogiorno la collaborazione tra famiglie e insegnanti è più frequente rispetto alle altre aree del Paese: questo accade sia per i colloqui con l’insegnante curricolare, sia per quelli con l’insegnante per il sostegno; in quest’ultimo caso la quota di famiglie che ha almeno un incontro al mese raggiunge il 43% nelle regioni del Mezzogiorno contro il 28% circa del Nord. 

Percorsi scuola-lavoro: esperienze in azienda più diffuse al Nord 

I “Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento” (Pcto), noti come alternanza scuola-lavoro, nascono per le sole scuole secondarie di secondo grado, con lo scopo di avvicinare la formazione alle competenze e ai requisiti professionali richiesti dal mondo del lavoro. Per gli studenti con disabilità possono rappresentare un’occasione per sviluppare la propria autonomia e le competenze lavorative di base, per questo motivo il Pcto è inserito tra i contenuti indispensabili del Piano educativo individualizzato (Pei). 

La maggior parte degli alunni con disabilità che frequenta gli ultimi tre anni delle scuole secondarie di secondo grado (83%) ha partecipato al percorso di Pcto.  

La modalità più utilizzata è quella del percorso in azienda o in cooperativa che vede coinvolti il 55% degli studenti mentre il restante 35% ha seguito un percorso di tipo scolastico. Il percorso aziendale è più utilizzato nelle scuole del Nord, dove raggiunge il 64% di studenti, quello scolastico è più utilizzato nelle scuole del Mezzogiorno, dove si raggiunge una percentuale del 43%. 

Laboratori professionali: buona la partecipazione 

Nelle scuole secondarie di secondo grado la didattica laboratoriale rappresenta una strategia di insegnamento e di apprendimento nella quale lo studente si appropria della conoscenza nel contesto del suo utilizzo; se svolta in un clima di collaborazione, favorisce l’inclusione e promuove le capacità personali e relazionali degli studenti.  

Più della metà degli alunni (55%) frequenta scuole in cui si sono svolte attività laboratoriali, tra questi il 72% vi ha anche preso parte.  

Il 79% dei partecipanti ha svolto, mediamente 6,3 ore di laboratorio insieme al gruppo classe, mentre il 16% degli studenti ha partecipato con un progetto individuale esclusivamente con il proprio insegnante per il sostegno, per un ammontare medio di ore a settimane pari a 7,5.  

Accessibile una scuola su tre  

Sono ancora molte le barriere fisiche presenti nelle scuole italiane: solamente il 40% risulta accessibile per gli alunni con disabilità motoria . La situazione appare migliore nel Nord del Paese dove si registrano valori superiori alla media nazionale (44% di scuole a norma), mentre peggiora, raggiungendo i livelli più bassi, nel Mezzogiorno (36%). La regione più virtuosa è la Valle d’Aosta/Vallée d'Aoste, con il 74% di scuole accessibili, di contro la Liguria e la Campania si distinguono per la più bassa presenza di scuole prive di barriere fisiche (rispettivamente 29% e 30% delle scuole). 

La mancanza di un ascensore o la presenza di un ascensore non adatto al trasporto delle persone con disabilità rappresentano le barriere più diffuse (50%). Frequenti sono anche le scuole sprovviste di servo scala interno (35%), bagni a norma (26%) o rampe interne per il superamento di dislivelli (24%). Rari invece i casi in cui si riscontra la presenza di scale o porte non a norma (rispettivamente 7% e 3%). 

Maggiori difficoltà di accesso per le persone con disabilità sensoriali 

L’accessibilità degli spazi deve comprendere anche gli ausili senso-percettivi destinati all’orientamento degli alunni con disabilità sensoriali: solo il 17% delle scuole dispone di segnalazioni visive per studenti con sordità o ipoacusia mentre le mappe a rilievo e i percorsi tattili, necessari a rendere gli spazi accessibili agli alunni con cecità o ipovisione, sono presenti solo nell’1,2% delle scuole.  

La situazione riguarda tutto il territorio nazionale, con poche differenze tra il Nord e il Sud.  

Nonostante si rilevi ancora un grave ritardo nei livelli di accessibilità, solo l’11% delle scuole ha effettuato, nel corso dell’anno scolastico, lavori finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche.  

Un contributo importante alla rimozione di queste barriere potrà avvenire con la realizzazione dei progetti finanziati con fondi Pnrr per rendere innovativi, sostenibili, sicuri e inclusivi tutti gli edifici pubblici adibiti a scuole, avviati a partire dal 2024.  

 

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