Welfare sociale e disabilità in Lombardia 2018 – 2023 - Cambia il discorso?

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In cerca di un nuovo modello. Lo stato del welfare in Lombardia” è l’ultimo volume curato da LombardiaSociale ed è dedicato a presentare un’analisi delle scelte strategiche di Regione Lombardia nel quinquennio dell’XI Legislatura per quanto riguarda le politiche di welfare sociale e socio-sanitario.
Il volume, pubblicato a ottobre 2023 e presentato il 29 gennaio 2024 alla Casa della Cultura di Milano, può essere acquistato sul sito di Maggioli Editore oppure scaricato gratuitamente dal sito di LombardiaSociale. In questo speciale raccogliamo una sintesi dei contenuti e delle tesi riportate nei sei capitoli tematici che compongono il volume: programmazione e governance, finanziamento e spesa, anziani, disabilità, famiglie e minori, povertà.

Uno sguardo all’esistente

Ad una prima occhiata le due foto di gruppo del welfare sociale lombardo per la disabilità, la prima scattata nel 2018 e la seconda nel 2022, sembrano essere molto simili. Gli elementi fondamentali e lo sfondo sono infatti identici anche se la seconda risulta essere più affollata. La differenza potrebbero farla gli sguardi dei protagonisti che risultano essere certamente affaticati, per via dei duri anni appena vissuti, ma anche la loro postura, con un certo grado di movimento, tanto che l’immagine risulta essere leggermente sfocata.

La similitudine, tra l’inizio e la fine dell’XI Legislatura regionale, in tema di disabilità, emerge dalla lettura dei dati che abbiamo a disposizione[1].

Come nel 2018, il modello di welfare sociale per la disabilità in Lombardia nel 2022 si basa su due pilastri.

  • Il primo è rappresentato dalla rete delle Unità di offerta socioassistenziale e sociosanitarie. Una filiera di servizi diurni e residenziali, definiti da Regione attraverso una serie di delibere approvate tra il 2004 e il 2008, che continuano ad agire in base allo stesso impianto. I nomi e la natura dei servizi sono rimasti invariati (SFA, CSE, CDD, CA, CSS e RSD) mentre è aumentato il numero di persone che li frequentano, passando da 19.514 a 23.135. Un incremento dovuto in grande parte, all’impegno dei Comuni, dato che 3432 dei 3621 “posti” in più si trovano nei servizi socioassistenziali, cioè di quelli sostenuti dalle risorse degli Enti Locali. Una rete di servizi che, nell’area dei diurni appare diffuso in modo abbastanza omogeneo nel territorio: al contrario invece la presenza dei servizi residenziali appare concentrata in alcune aree, a scapito di altre.
  • Il secondo pilastro è rappresentato dai sostegni offerti per la domiciliarità, che vede, a fianco dei servizi comunali, una forte iniezione di risorse grazie al Fondo per la Non Autosufficienza che è di derivazione statale. Anche in questo l’impianto di fondo è rimasto invariato, con la suddivisione delle risorse del Fondo in due misure, una (chiamata B1) rivolta alle persone con “gravissima” disabilità, gestito direttamente dalle ATS, e l’altra (B2) in favore delle persone con “grave” disabilità, affidata ai Comuni. Si tratta, in entrambe i casi, di sostegni offerti in modo prevalente in forma di erogazione economica e in misura minore di voucher, destinati all’acquisto di servizi di carattere sociosanitario. Tra il 2018 e il 2022 i beneficiari delle misure B1 e B2 sono passati dal 17.522 a 23.586: un incremento di 6064 persone di cui 2957 con “gravissima” disabilità. Un incremento a cui si è fatto fronte in parte con l’incremento delle risorse nazionali, in parte con un aumento del cofinanziamento regionale, sia con risorse sociali che sanitarie, ma anche con un taglio dei contributi, in particolare di quelli riservati alle persone assistite dai caregiver familiari, passati dai 1000 € del 2018 ai 650 € del 2022.

In questo panorama, emerge come fatto nuovo la progressiva implementazione di quanto previsto dalla Legge 112/2016 (nota con il nome infelice di Legge sul Dopo di noi) che ha visto crescere le persone che hanno beneficato delle sue risorse da 704 a 2.201 unità, tra cui emergono 330 persone che sono uscite dal nucleo familiare di origine per andare a vivere in “a casa loro”.

 Un bilancio complessivo

Anche i punti di forza e di debolezza del sistema risulterebbero sostanzialmente invariati.

Da un lato abbiamo una varietà di sostegni – domiciliari, semiresidenziali e residenziali – un livello più che accettabile di assistenza e di cura che, anche non considerando le persone con disabilità supportate dai Comuni con risorse proprie e di altri fondi, offre servizi a più di 46.000 persone. Dall’altro abbiamo un sistema che non considera, anche solo non “contandole”, le persone che rimangono escluse da ogni forma significativa di supporto, a causa di un modello di intervento che appare contrassegnato da eccessivi elementi di rigidità, standardizzazione e sanitarizzazione. Infine abbiamo un sistema che nell’ambito della domiciliarità privilegia la semplice (e insufficiente) erogazione monetaria, lasciando il peso della gestione della presa in carico e dell’assistenza alla stessa persona con disabilità o, con maggiore frequenza, ai suoi familiari.

In questo panorama, rappresentato dalle due foto di gruppo, non mancano situazioni ed esperienze, anche molto significative, in cui si è provato a organizzare la rete dei sostegni per le persone con disabilità in modo personalizzato, favorendo il loro protagonismo e la loro partecipazione alla vita sociale. Si tratta di un movimento che in questi anni si è notevolmente ampliato, raggiungendo, in alcuni casi e in alcuni territori, risultati molto significativi. Si tratta comunque di esperienze ancora precarie, perché legate all’intraprendenza e alla capacità di attrarre e gestire risorse di alcuni attori, in alcuni casi pubblici in altri privati. Parallelamente (e paradossalmente) restano invece invariate le norme che favoriscono, se non persino obbligano, un utilizzo assistenzialistico  e standardizzato delle risorse.

Questa visione di insieme non deve tuttavia far sottovalutare alcuni cambiamenti, anche molto profondi, che nonostante tutto sono stati avviati e sono in atto anche in questo momento, pur tra mille difficoltà di contesto. Si tratta di iniziative che trovano la loro radice e la loro forza, sia da discorsi, confronti, studi e ricerche in atto da tempo ma anche dal successo di quegli enti e territori che hanno cercato, spesso riuscendoci, di dare concretezza a proposte e progetti rimasti sulla carta.

L’esperienza del Covid ha paradossalmente agevolato la germinazione di idee e iniziative. Il fenomeno della pandemia anche nel mondo della disabilità ha ovviamente assunto prima i contorni della tragedia e poi quella della fatica, costringendo a  gestire un mondo con un forte bisogno di relazioni in un contesto in cui era necessario “mantenere le distanze”. Affrontare una situazione difficile e inedita ha tuttavia mostrato una strada, mostrando prima la necessità, e poi la possibilità di gestire le risorse umane ed economiche presenti nel mondo del welfare sociale in modo differente, meno preoccupato del rispetto delle procedure e decisamente più interessato ad offrire alle persone con disabilità i sostegni necessari per vivere bene, per vivere meglio.

Prospettive di riforma

In questo percorso di rinnovamento, è possibile individuare due pietre miliari.

  • La prima è rappresentata dalla DGR 3183 del 26 maggio 2020, che permette agli enti gestori dei servizi diurni di sperimentare forme innovative di organizzazione degli spazi e dei tempi, rendendo più flessibile l’organizzazione dei servizi per adattarla alle esigenze e richieste delle persone con disabilità e delle loro famiglia. Un’indicazione che è stata confermata, nel novembre, con la DGR 5320, che indica come questa strada potesse e dovesse non essere considerata solo come una risposta all’emergenza pandemica, ma come un’opportunità per favorire l’evoluzione dei centri diurni in centri multiservizi, per abbandonare il modello “scolastico” ancora imperante.
  • La seconda pietra miliare dell’avvio di questo percorso di innovazione e cambiamento, è rintracciabile nell’approvazione, il 29 novembre 2022, della Legge Regionale 25/22 (per le Politiche di welfare sociale regionale per il riconoscimento del diritto alla vita indipendente e all’inclusione sociale di tutte le persone con disabilità). Una legge che, facendo tesoro di quanto avvenuto nel corso degli ultimi anni, ha l’ambizioso obiettivo di plasmare il modello di welfare regionale sui Progetti di vita delle persone con disabilità, ovvero sui loro desideri, richieste, preferenze e mete esistenziali.

Si tratta di un cammino appena avviato e che procede con lentezza, incontrando diverse difficoltà e resistenze, ma che anche appare come inevitabile perché maggiormente corrispondente alle richieste ed esigenze delle persone con disabilità e anche, complessivamente, maggiormente sostenibile. Una situazione che vede impegnati tutti i diversi territori di cui è composta la nostra Regione a interrogarsi su come sia possibile rendere effettivamente più aderenti il nostro modello di welfare alle esigenze e ai diritti delle persone con disabilità.

Per questo motivo le due fotografie di gruppo, quelle del 2018 e quella del 2022 sono solo in apparenza molto simili: la seconda non è solo più affollata ma anche, e nonostante tutto, più luminosa.

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[1] I contenuti e i dati presentati nel contributo sono ripresi dal capitolo Welfare sociale e disabilità in Lombardia 2018 – 2023. Cambia il discorso?” all’interno dell’ultimo volume In cerca di un nuovo modello. Lo stato del welfare in Lombardia curato da LombardiaSociale, cui si rimanda per gli opportuni approfondimenti e per consultare le fonti.

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